Ambiente - Gli esperti parlano di zinco, piombo, rame, nichel, cromo e perfino oro

C'è una miniera nella discarica?

di Fabrizio Stermieri

SAN MARINO – Sotto quell'imponente cumulo di rifiuti, un milione e duecentomila metri cubi di pattume, lasciati a maturare sotto strati di terriccio di copertura, potrebbe esserci una vera e propria “miniera d'oro”, almeno stando agli esperti che, in tutta Europa, sono alla ricerca di discariche dismesse da scavare per recuperare metalli, plastica e altre materie prime. Un affare miliardario, stando alle stime rese note da chi di queste cose se ne intende. Sono infatti quasi cinquecentomila le discariche sparse sul vecchio continente: da questo immenso cumulo di rifiuti accantonato nel corso di intere generazioni, soprattutto dal secondo dopoguerra ad oggi, potrebbe recuperarsi addirittura il cinque per cento delle materie prime necessarie per l'Europa e per un periodo di almeno venticinque anni. Non solo problemi di infiltrazioni di inquinanti nelle falde e di danni ambientali, dunque, per le discariche dismesse, quelle chiuse prima delle nuove normative del 1999, ma anche grandi potenzialità di recupero che sono attualmente allo studio degli operatori specializzati. Così, c'è chi vede nella grande discarica dismessa di San Marino, quella che per decenni ha raccolto i rifiuti dei carpigiani, non solo un problema di gestione ma anche un potenziale affare per il futuro. «Si – ammette Paolo Ganassi, responsabile del settore ambientale di Aimag, l'attuale gestore del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti di casa nostra – ci sono già casi in cui si è posto mano allo scavo di vecchie discariche al fine di recuperarne i materiali. E' possibile, ma occorre valutare caso per caso, discarica per discarica, perché solo in pochi casi, attualmente, la cosa si può tradurre in un affare». Secondo i calcoli degli esperti, dalle discariche UE (40 mila quelle stimate in Italia) si potrebbero ricavare ogni anno 280 mila tonnellate di zinco, piombo, nichel, cromo, rame e altri metalli di cui le nostre industrie sono alla ricerca spasmodica e che hanno un valore di mercato di 2,8 miliardi di euro. «Certo, la sotto ci possono essere metalli da recuperare – conferma Ganassi – ma anche materiale organico in parte mineralizzato da vagliare, plastica e inerti. In linea teorica, se si potesse riutilizzare l'ottanta per cento di quanto accumulato nel tempo forse una certa convenienza economica a riaprire la discarica ci sarebbe. Ma se il recuperabile (come è probabile) fosse solo del venti per cento, sarebbe un buco nell'acqua. Senza contare che ci potrebbero essere delle sorprese». La discarica di San Marino che occupa un'area di ben 116 mila metri quadrati, è stata gestita infatti dal Comune di Carpi sino al 1999 attraverso Unieco e il Consorzio Smaltimento Rifiuti. Negli anni precedenti la chiusura non si parlava assolutamente ancora di “raccolta differenziata”, l'amianto era solo un normale prodotto utilizzato nelle costruzioni e la sensibilità ambientale era ancora in via di formazione, almeno così come viene intesa oggi, così come pure le normative relative. «Noi di Aimag – dice Ganassi – la discarica di San Marino l'abbiamo in un certo modo “ereditata”, ne abbiamo seguito e ne seguiamo le fasi di dismissione che sulla carta possono durare anche trent'anni ma in pratica anche molto di più. Sino ad oggi ci siamo limitati a bruciare il biogas prodotto dalla massa, a sistemare il cumulo in occasione di piccole frane e a smaltire il percolato». Diciotto anni dopo la chiusura, la collina dei rifiuti di San Marino rappresenta ancora un problema da gestire e da tenere sotto controllo. Ma dai rifiuti c'è già oggi chi trae nuove fonti di energia e di ricchezza; l'Eni, per esempio, pubblicizza proprio in questi giorni la sua iniziativa di produrre olio combustibile dalle bucce della frutta. «Niente di nuovo, in questo caso – rileva Paolo Ganassi – noi con il nostro digestore anaerobico di Fossoli produciamo già biometano che viene riutilizzato nei nostri impianti. Abbiamo in programma anche un secondo impianto a Finale Emilia».

Insomma, se per il momento l'oro non lo si può ancora recuperare direttamente dai rifiuti stoccati nei decenni passati, un riutilizzo economico ed ambientalmente sostenibile della spazzatura di casa, già da oggi è un dato di fatto.

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