Costato 8 milioni più la mancata redditività

Digestore fermo: brutto affare per Aimag

CARPI – E’ costato cinque anni di gestazione, dalla progettazione all’inaugurazione ufficiale, e otto milioni di euro a conti fatti. Avrebbe dovuto produrre 4,5 milioni di kilowatt di energia elettrica, in parte da utilizzare per l’autoconsumo elettrico del digestore, ma in gran parte da vendere attraverso la rete di distribuzione elettrica. Di fatto, in due anni di esercizio, ha lavorato pochi mesi e ancora oggi non va. Di nome fa “Digestore”, di cognome “Anaerobico” ma a questo punto potremmo chiamarlo semplicemente “un brutto affare”, sia economicamente parlando che anche dal punto di vista dell’immagine aziendale di Aimag.

«Purtroppo – ammette Paolo Ganassi, responsabile dei servizi ambientali di Aimag – una serie di inconvenienti ci hanno costretti a fermare dopo pochi mesi il funzionamento del digestore. L’impianto funzionava benissimo per quanto riguardava la produzione di biogas dai rifiuti ma, nella fase di collaudo a caldo, sono insorti problemi nel software che regola la raccolta e nell’incanalamento di questo gas per cui abbiamo scelto di fermare il digestore per affrontare in sicurezza gli inconvenienti registrati. Non è stato possibile farlo con gli olandesi di WTT con i quali il digestore, per la parte tecnologica, è stato costruito e abbiamo dovuto attendere sino allo scorso mese di aprile prima di poter appianare la delicata situazione contrattuale. Adesso ci siamo rivolti ad altro operatore e riteniamo che entro il mese di gennaio il digestore possa essere rimesso in funzione».

Ci potrebbe riassumere un poco le vicende che hanno portato a questa situazione?

«L’idea e la convenienza di utilizzare, con un digestore anaerobico e con il metodo “a secco” i rifiuti “umidi” raccolti da Aimag risale al 2008, con l’obiettivo di realizzare un impianto di elevata valenza ambientale per la produzione di energia rinnovabile e di innovazione tecnologica. All’inizio si pensava di realizzare l’impianto tramite Sinergas Impianti (una nostra controllata) in modo da acquisire il know-how necessario per entrare in questo settore di mercato, quello della realizzazione di impianti per il trattamento della frazione organica dei rifiuti per la produzione di biogas, acquisendo le capacità tecniche necessarie. Il terremoto del 2012 ha recato danni al cantiere e ha evidenziato per molti mesi altre priorità a cui si sono sommate altre vicende per cui, in pratica, il digestore l’hanno portato a termine Aimag e WTT. Con questa tecnologia si pensava da una parte di ottenere un “digestato” da rifiuti organici di migliore qualità e dall’altro di produrre biogas in quantitativi importanti».

Di che cifre stiamo parlando?

«Di un contributo di un milione di euro annui al margine industriale lordo della società».

Ma le cose non sono andate come nei piani. C’è chi sostiene che si sia addirittura rischiato l’incidente: un sovraccarico di gas nell’impianto...

«Quando si lavora con il gas un margine di rischio c’è sempre (Ganassi lo ammette, ma nega tuttavia il fatto specifico, ndr) è proprio per evitare questo che, a un certo punto, constatato che i nostri partner olandesi non erano in grado di risolvere i problemi dell’impianto abbiamo deciso di rescindere il contratto con loro».

Una decisione che ha comportato lunghe trattative e mesi (durante i quali non si poteva intervenire sull’impianto) per definire e transare danni e penali – circa 400 mila euro – visto che il valore del contratto di WTT ammontava a 1,9 milioni di euro. Di tutto questo tuttavia, neppure del rischio oggettivo di scoppio dell’impianto, nulla è trapelato fuori di Aimag. Il riavvio del digestore di Fossoli, in un quadro di sicurezza, avrà luogo con l’attività di un altro operatore, la tedesca Bekon.

Alla luce di quanto è accaduto, oggi Aimag lo rifarebbe un digestore anaerobico come quello di Fossoli?

«Ma nel nostro piano industriale la costruzione di un secondo digestore c’è già. Abbiamo in programma di realizzarlo accanto alla discarica di Finale Emilia. Ci vorrà del tempo ma lo faremo; la scelta tecnica del digestore anaerobico, secondo le più aggiornate tecnologie venute avanti nel frattempo, rimane ancora valida. L’impianto di Finale Emilia non produrrà però energia elettrica: contiamo di immettere, opportunamente trattato, direttamente in rete il biogas».

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