Come può finire un amore
E' un continuo oscillare fra momenti di gioia nel vedersi ritornare le forze e nel riassaporare poco a poco la vita, e altri di cupa depressione quello che rivelano le lettere di Mario ad Annita spedite dall’Ospedale militare di Bologna o da Carpi, dove si reca di tanto in tanto a rivedere la famiglia. Annita, lo possiamo solo intuire di riflesso dagli scritti di lui, non aveva avuto la benchè minima voglia di abbandonarlo, anche se continuano gli sbalzi d’umore tra gli slanci di un amore immutato e il disappunto per lettere che non arrivano. Il 18 dicembre le annuncia da Carpi che gli applicheranno un occhio di vetro. Da Bologna le scrive invece della rabbia per essersi beccato cinque giorni di punizione dopo una fuga a casa senza permesso. Le confessa il proprio disprezzo per i giovani imboscati “forti e sani” che osserva dalle finestre dell’Ospedale militare, rimuginando come Bologna sembri quasi ignorare che lontano, al fronte, c’è gente che combatte e muore. Vorrebbe ricevere lettere da lei tutti i giorni, si chiede come lei possa ancora amarlo, in quelle condizioni, vorrebbe andarla a trovare, le comunica che sono iniziate le pratiche per essere riformato definitivamente e le confida un sogno: fare di lei la sua compagna inseparabile. La corrispondenza occupa i primi mesi del 1917. Il 29 aprile passa a Bologna la visita collegiale che dovrà decidere se rispedirlo al fronte o riformarlo. Il 7 maggio, la grande notizia: è guarito e riformato, può tornare a casa. E verso la metà del mese è già a Caprino, finalmente da lei. Una lettera speditale il 12 giugno, dopo i giorni trascorsi con Annita, indugia sulla sua “chioma scarmigliata” e sui suoi “occhioni buoni”. Ma a Caprino riallaccia anche le relazioni con gli amici del posto risalenti a un anno prima, quando la Brigata Mantova era da quelle parti, e approfitta del soggiorno in zona per iscriversi agli esami da ragioniere a Verona. Terminati gli esami, trascorre i mesi estivi a Viareggio, in convalescenza: deve “brustolire” le ferite, scrive, e nuota come un pesce, ha trovato gente di Carpi in villeggiatura, nella pensione con camera vista mare è diventato amico di tutti, è il riferimento delle compagnie di vacanzieri e dalla scatola spuntano foto che lo ritraggono vestito elegantemente, un vero dandy, con belle signore e una, in particolare, che anche nella foto recuperata da Gisella ispira una forte carica di sensualità. Rientra a Carpi in agosto e Annita è contenta: lui ha capito che l’aveva fatta ingelosire e la prende un po’ in giro. Trascorrono i mesi: non si capisce, dalla corrispondenza, se e quante volte Annita sia venuta a Carpi. In compenso, la sorella di Mario, Alma, la va a trovare a Caprino. Le lettere parlano della vita di Mario a Carpi, diventata essa stessa retrovia del fronte, dopo la disfatta di Caporetto del 24 ottobre 1917: e gli echi dall’andamento preoccupante della guerra si avvertono anche nei messaggi di Mario ad Annita, tanto più che quei giorni gli ricordano le ferite subite un anno prima. Si ammala lui, ma si ristabilisce; si ammala anche lei che, par di capire, fa troppi sottintesi circa il suo reale stato di salute e questo mette Mario in ansia. Nella corrispondenza vi sono accenni al comune amico Patrizio Turrini, conosciuto forse dalla coppia al tempo del soggiorno della Brigata Mantova nei pressi di Caprino. È un capitano del Sesto Reggimento Alpini, anche lui ferito, anche lui ricoverato all’ospedale di Bologna: Mario lo andrà a trovare e, dopo la guarigione, Turrini verrà a fargli visita a Carpi nientemeno che con Lodovico Montini, un altro alpino. E tutto lascerebbe presumere che si tratti proprio del fratello del futuro papa Paolo VI e lui stesso futuro membro dell’Assemblea costituente. Ma torniamo a quel volgere d’anno, tra il 1917 e il 1918. Passano molti giorni senza che Annita gli abbia dato notizie sulla sua malattia. A metà gennaio Mario dimostra di aver capito la ragione: Annita non gli ha perdonato di non aver trascorso il Capodanno con lei. Lui si scusa, si giustifica con la visita di parenti nei giorni delle festività, le esprime il suo rammarico, ma le parla anche dei disturbi nervosi che gli provocano le ferite. Si dice avvilito per non aver potuto sostenere di nuovo gli esami da ragioniere in ottobre (quelli di Verona non dovevano essere andati bene) e il pessimo umore si fonde con le brutte notizie dal fronte, in un clima generale di sfiducia. Ma invita anche Annita a metter da parte il suo “indefinito presentimento”, le paure per il loro amore. Le nuvole paiono poi dissolversi, nei messaggi tornano le notizie legate alla quotidianità e il 18 marzo le promette che la andrà a trovare. Non sappiamo, ma pare di no, se abbia poi dato seguito a quella promessa: le lettere successive parlano di un viaggio a Roma per sottoporsi a una nuova visita della Commissione speciale che lo dichiarerà abile per certi servizi speciali dell’esercito che non verrà mai chiamato a svolgere.