Don Ivo Silingardi e il pretesto di Cl e Formigoni per parlare di ieri e di oggi

Un prete attraverso i tempi

Formigoni? “Un angelo”. Comunione e Liberazione? “Lo stesso sprint dei comunisti di un tempo” E poi il meeting di Rimini con Campedelli, i vescovi di Carpi e quella volta che don Giussani...

Carpi – «Bersani: ma lo sa che è un mio amico, Bersani? Lui è credente, ha studiato dai Salesiani ed è venuto anche a cena qui. Era Assessore regionale alla Formazione e una volta ha visto uno iscritto ai corsi da cuoco che era vestito da frate. Si è stupito e gli ho spiegato, che vuole? noi lasciamo che ciascuno segua la propria vocazione. Lui è scoppiato a ridere e da quel giorno ha preso a dire in giro che don Ivo faceva i frati con i soldi della Regione». Ecco, uno parte con l'idea di raccogliere qualche testimonianza diretta sui mondi – assai in voga di questi tempi – della Compagnia delle Opere e di Comunione e Liberazione (alla quale è stato sempre accostato dopo che il vescovo Maggiolini, a metà degli anni Ottanta, lo nominò assistente diocesano del movimento) e, perché no?, anche di Roberto Formigoni. E finisce per trovarsi a parlare di Pierluigi Bersani. Perché lui, don Ivo Silingardi, 92 anni, ultimo grande vecchio rimasto sulla scena cittadina insieme a Renato Crotti, non è tipo che si faccia imprigionare nei binari di un'intervista. C'è troppa storia da raccontare, troppi incontri, troppe trame e persone ed episodi che si affastellano nei suoi ricordi: dalle origini modeste di figlio di contadini a figura di riferimento di una parte (sempre e solo una parte, però) degli ambienti cattolici di Carpi, passando per l'ordinamento sacerdotale a opera di Federico Dalla Zuanna, la cattura e la fucilazione rischiata a Bologna per mano dei tedeschi come fiancheggiatore dei partigiani, l'incontro con don Zeno, gli anni duri della guerra fredda che gli hanno lasciato sentimenti contraddittori verso i comunisti, fino alla grande impresa della formazione e dell'Istituto Nazareth avviata negli anni Sessanta e poi ampliata con la Cooperativa Nazareno. Troppo, insomma, per guidarlo sul filo di un unico ragionamento, sicchè è meglio, molto meglio, farsi guidare da lui, con le sue parentesi e le sue disgressioni che, intervallate dai ricorrenti “Questo però non lo scriva, altrimenti le recito il De Profundis” o “Le mando i miei amici partigiani”, finiscono per confluire nel racconto di un grande testimone del tempo. Don Ivo, dicevamo di Roberto Formigoni… «Un sant'uomo, glielo assicuro. Fa parte dei memores domini, e quelli fanno il voto di castità, ubbidienza e povertà, che poi vuol dire niente proprietà personali. Nessuno possiede niente e mettono tutto insieme quello che hanno…» Tutto in comune, ma c'era qualcuno che pagava per tutti, a quanto sembra, magari aspettandosi qualche contropartita. Non è che è cambiato, dai tempi del voto… «No è un angelo. Il Celeste, lo chiamano: è sempre rimasto umile e un fervente cattolico. E poi, penalmente non c'è niente. Che male c'è se è andato in barca, mica è un reato: anche il papa è arrivato qui in elicottero. E lui è il Presidente della Regione meglio amministrata e con meno deficit: non lo considero colpevole perché viaggia su macchine lussuose…» Però, insomma, il voto di povertà non va tanto d'accordo con certe esibizioni… «(Scuote un po' la testa) Ah sì, per questo è criticabile» Ecco don Ivo, la Compagnia delle Opere e Cl. Ci sono queste triangolazioni venute a galla nel bresciano, a Bergamo, in Brianza: amministratori di Cl che promettono appalti in cambio di sostegni a opere e istituti del movimento o di mazzette personali… «La Compagnia delle Opere non assomiglia a niente che esistesse già: non è un'associazione, non è un sindacato. Sostiene solo una economia che si basa non sul guadagno, ma sul servizio. A proposito di triangoli le voglio raccontare un episodio» Prego… «Quando, tramite Maggiolini, conobbi don Giussani (fondatore di Comunione e Liberazione di cui ricorrono i novant'anni dalla nascita, ndr) lui mi chiese: mi fai una scuola alberghiera come questa in Sicilia? Gli dissi di sì e andai laggiù con un sacerdote inviato da Milano, perché avevo fatto presente che sarebbe stato necessario stabilire dei contatti con le istituzioni e passare per l'Assessore regionale alla Formazione. Così fu: incontrammo l'Assessore e lui assicurò i finanziamenti. Solo che poi mi disse: voi però dovete garantirmi mille voti (pausa, poi muove l'indice in un ampio gesto di diniego). Non se ne fece nulla. Sono contrario a violentare gli enti pubblici. Se uno però, senza interesse, sceglie quello che preferisce, non c'è nulla di male. Se invece c'è l'interesse, allora no: è corruzione» Mi dica di don Giussani… «Eravamo quasi coetanei (don Ivo è del 1920 e don Giussani del 1922, ndr) e abbiamo studiato sugli stessi testi. Gli uomini sono come gli animali, in questo: accade talvolta che quando si incontrano, avvertono come un pathos. A me è successo con lui. Don Giussani era un persona colta, molto diversa da don Zeno, che era sì laureato in Giurisprudenza, ma io in due anni non l'ho mai visto aprire un libro. Don Zeno aveva addosso il fuoco della parola e sapeva arrivare subito alla gente, magari le idee erano un po' confuse, ma con i discorsi ci sapeva fare. E io, che ero di Modena e avrei dovuto fare il missionario, ho voluto invece andare proprio da don Zeno. Ci sono rimasto due anni, finché Dalla Zuanna mi ha fatto uscire: vieni via, mi disse» Torniamo a don Giussani… «Una volta, in treno verso Milano, si mise a parlare con dei giovani liceali. E scoprì che erano di una ignoranza sterminata. Allora lui, che insegnava al Seminario, chiese all'Arcivescovo di andare invece al liceo Berchet, a parlare di Dio. Sulle prime venne accolto con diffidenza, ma poi per i ragazzi è diventato un riferimento. Fra loro c'erano i futuri cardinale Scola e vescovo Camisasca e da quel nucleo di giovani sarebbe nato il movimento di Cl» Si fa sempre fatica a capire Cl. A partire da quegli slogan dei meeting di Rimini, come l'ultimo, “La natura dell'uomo è rapporto con l'infinito”. Poi vanno molto sul pratico, invitando uomini del potere, politico ed economico… «L'infinito è Dio. Noi siamo nati per lui, la natura umana contiene l'infinito. Oltre ai cinque, c'è un sesto senso che è quello religioso di cui parla don Giussani nel suo libro. Lui citava sempre la poesia di Leopardi “Alla sua donna” dalla quale gli venne l'illuminazione, ispirandogli l'incontro con Gesù, il verbo incarnato e in cui vide l'annuncio della bellezza, della verità e della ricchezza…» Spirituale, s'intende… «Certo, che cosa vuole che sia questa anche dei nostri miliardari carpigiani? Sono degli infelici, poveretti. E che cos'è la crisi, se non il frutto dell'egoismo e dell'avere fine a se stesso? La Compagnia delle Opere vuole dare invece un senso umano alle azioni, fare per il prossimo e fuori dagli egoismi e dalla smania di avere per avere. Certo, anche loro hanno dei difetti» Quali? «Quelli di tutti i movimenti, che credono di essere Dio. Hanno comunque delle qualità e delle grandi capacità» Ai meeting di Rimini ci va spesso? «Tutti gli anni, l'ultima volta con il Sindaco di cui sono molto amico. E' rimasto al-li-bi-to dall'accoglienza: sa, loro ci sanno fare. Pensi, tremila giovani volontari che si pagano vitto e alloggio. Allora, dicevo, arriviamo con il Sindaco: intanto, posto riservato per l'auto. Poi lui va ad ascoltare la Fornero e insieme visitiamo gli stand e quando si è trattato di mangiare ci siamo guardati intorno. Macchè: “…per voi la Regione Puglia offre il pranzo”, ci hanno detto sistemandoci in un ristorante appartato. Abbiamo lasciato comunque un'offerta. Alla fine, gli hanno dato in dono un grande volume… Vede? Io ho vissuto in mezzo ai comunisti di una volta: questi di Cl hanno il loro stesso sprint» In effetti qualche volta viene da pensarlo: Comunione, Comunismo, c'è di mezzo anche la matrice linguistica… «Solo che il Comunismo non ha fondamento naturale: Comunione è libera, Comunismo è una forzatura. Guido Gonella diceva sempre che il Comunismo è il tentativo di realizzare il Cristianesimo con la violenza. Io sono di origini modeste. Sono sempre stato molto vicino ai comunisti e prendo spesso l'Unità dove ci sono articoli bellissimi sulla religione. Ne ho letto uno di recente che parlava della teologia della liberazione: meraviglioso. Secondo me li scrivono degli ex preti: non li vuole nessuno, li prendono lì» Torniamo alle opere: la cittadella dell'handicap di via Bollitora come è stata pagata? «Finanziamento regionale e poi le donazioni. L'altro giorno una cooperativa di Cesena ha lasciato 50 mila euro: merito certamente di monsignor Douglas» A proposito di monsignor Regattieri: dicono che la condizione vescovile lo abbia trasformato, rendendolo aperto, radioso e perfino sorridente… «Era un ragazzo timido e si è fatto trent'anni di Curia, lavorando benissimo. Lo ha proposto Staffieri. Con i vescovi era una meraviglia, con il clero no» Lei, invece, niente carriera… «Sono figlio di contadini, abituati a vivere delle fatiche della terra: la carriera non mi ha mai interessato» Dicono però che lei abbia molta dimestichezza con gli uomini e gli ambienti di potere. «(Congiunge le mani e si dondola in avanti) Ma perché ho bisogno… Ho la fila, qua davanti, tutti i giorni. Quando siamo partiti, dissi a Bruno Losi: Sindaco, io non ce li ho, i soldi per acquistare il terreno del Comune. E così lui mi ha dato dieci anni per pagarlo. E' vero comunque che di qui è passata tanta gente importante: le ho detto di Bersani… A proposito, Renzi non ce la farà, perché ci sono ancora molti vecchi comunisti. Dicevo: da giovane si fermava qui Casini, perché andava a moroso da una di Correggio. E poi Leone, quando ha inaugurato il Museo monumento…» Qual è stato il Vescovo con cui è andato più d'accordo? «Tutti» Vabbè, don Ivo… «In genere i Vescovi milanesi e romani sono portati a disprezzare una diocesi piccola come la nostra, invece Tinti, ecco, Tinti quando ha fatto sapere che vuole essere sepolto a Carpi, nella Cattedrale, gli ho detto che secondo me quel giorno grideranno “santo subito”. Prati? In principio era un po' difficile, ma poi ci siamo intesi. Dalla Zuanna era davvero un grande: non ci è mai andato volentieri, lui, a Roma. La gente, a un Vescovo chiede di essere prima di tutto un prete e che non si vergogni di esserlo. Monsignor Cavina? E' molto intelligente e sta arrivando bene. Vuole fare il Vescovo fuori dal normale… Anche i santi, del resto, sono sempre un po' fuori dal normale».
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