Ambiente - Lo rivela Aimag. La scelta di costruire le adduttrici va al di là dell'amianto

Acqua: il 25 per cento sprecato dalle condotte

CARPI – E meno male che si è finalmente deciso di metterci mano, alla rete dell'acquedotto, perché era già l'ora da tempo. Nonostante infatti che a Carpi le cose non vadano male, l'acqua che pompiamo nei tubi continua a disperdersi nella rete, antiquata e piena di buchi, per almeno un quarto di quanto viene prelevato dai pozzi di Fontana di Rubiera. Lo certifica la stessa Aimag nel suo bilancio di sostenibilità 2016: il 25,9 per cento di quanto è stato immesso in rete lo scorso anno se n'è andato disperso per la campagna e per il sottosuolo e non è mai arrivato ai rubinetti degli utenti. Una situazione in progressivo peggioramento se è vero che nel 2015 la dispersione finale si era attestata al 24,7 per cento del prelievo di acqua che, sempre nel 2015, è stato pari a 21,5 milioni di metri quadri mentre lo scorso anno ha abbondantemente superato i 22 milioni di metri cubi di prezioso liquido, tanto da far segnalare alla stessa Aimag la faccenda come problematica, una delle poche cose non soddisfacenti nel quadro complessivo dei “numeri” presentati dalla multiutility.

E che l’acqua sia al tempo stesso “nota dolente” e “prezioso liquido”, non ci piove perché, al netto della presenza locale di fibre di amianto, le modifiche climatiche registrate negli anni recenti hanno fatto registrare da una parte la diminuzione delle precipitazioni "tradizionali" e dall’altra un incremento di quelle "straordinarie" (nubifragi compresi) che stanno modificando la mappa della risorsa idrica nazionale. La quale, viene ampiamente sprecata proprio a causa di una rete di distribuzione degli acquedotti antiquata, obsoleta e piena di buchi: dei 34,2 miliardi di metri cubi consumati in Italia, solo il venti per cento viene utilizzato per gli acquedotti civili e, di questo quantitativo, mediamente ne va sprecato il 39 per cento. Noi quindi siamo molto meno spreconi di altri ma è soddisfazione da poco visto che la media carpigiana di consumo si attesta sui 250 litri al giorno per abitante, mentre quella nazionale è certificata sui 245 litri giorno per persona. Sorprendentemente i "padroni" dell'acqua, in Italia, sono i Sindaci: direttamente o indirettamente fanno capo a loro i servizi idrici nazionali. Acea a Roma (che dà i suoi grattacapi alla sindaca Raggi) da sola gestiste il 15.5 per cento del mercato nazionale, Hera a Bologna è terza in campo nazionale con la sua quota del 6,1 per cento del mercato, gli altri (Aimag compresa) hanno quote che girano intorno all'uno per cento visto che sono più di duemila i gestori dell'acqua nel nostro paese. Un affare miliardario che però rende pochissimo: di qui la lentezza con cui i gestori delle reti procedono al rinnovo degli impianti e delle condutture. E' stato stimato che di questo passo, per rinnovare l'intero impianto acquedottistico italiano occorrerebbero 250 anni ma ci sarebbe da ricominciare da capo già molto ma molto prima. E le falde? L'assessore all'ambiente Simone Tosi tranquillizza: “Non si registra un calo dei livelli dell'acqua ai pozzi di prelievo”. Ma invita giustamente a non sprecare l'acqua. La quale, ha noi, ha un prezzo fra i più contenuti e quindi grava mediamente sul bilancio familiare per poco più di 10-12 euro al mese. Non così in altri paesi in cui già da tempo si è intrapresa una decisa opera di rinnovamento delle reti e di più attenta opera di conservazione del liquido che così alla leggera da noi si disperde in mille rivolli: un metro cubo di acqua del rubinetto, a Roma costa più o meno un euro, a Parigi più di tre volte tanto (e in Francia di acqua ce ne hanno a volontà), a Berlino sei euro a metro cubo.

Fabrizio Stermieri

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