Meucci: il corteo non giustifica ma non criminalizza. Subfornitura: Marco Marchi fra chi gli dà ragione e chi torto

Il corteo dei mille del Meucci e delle altre scuole superiori di Carpi convocato dopo l’assalto vandalico all’istituto attuato da tre ragazzi ora agli arresti polarizza oggi l’attenzione dei quotidiani locali. E mentre sul web si contrappongono in modo a volte anche molto acceso i fronti da una parte della severità rabbiosa e intransigente e dell’altra dello sforzo comprensivo, il messaggio che proviene dal corteo, stando alle cronache, è stato uno solo: non criminalizzare, sono ragazzi come noi, non abbastanza aiutati. Non si vuole giustificare, questo no: ma neppure incolpare. Una frase significativa, riportata dalla Gazzetta, riassume lo stato d’animo prevalente nella manifestazione di ieri: “C’è chi li chiama delinquenti, io li chiamo ragazzi non aiutati (…). Quindi non soffermiamoci sull’atto, ma chiediamoci il perché”. A questo quadro prevalente, come riferisce il Carlino, ha fornito un sostegno l’insegnante di uno dei tre ragazzi. Al megafono ne ha ricostruito il difficile percorso scolastico, la nascita e le scuole frequentate a Carpi, prima di rientrare al paese d’origine a seguito del terremoto e poi di nuovo “catapultato” a Carpi all’inizio di quest’anno, la vita con dei parenti, il colloquio con la madre preoccupata per i risultati scolastici. La prof ha ricordato anche gli sforzi per aiutarlo. “Mi aveva promesso che si sarebbe fatto interrogare in Storia per recuperare la media. Purtroppo quando siamo ritornati dopo le vacanze non è più venuto e dopo due giorni è successo quello che sapete”.