Come la punta di un iceberg, un piccolo episodio può rivelare una storia imprenditoriale di ben altre dimensioni e che da grande si sta profilando perfino gigantesca, come tutto quello che ha a che fare con i grandi numeri della Cina.
Il piccolo episodio è l’approdo a Carpi di una troupe televisiva di Dongyang, città di 800 mila abitanti della provincia dello Zhejiang, 200 chilometri a sud di Hangzhou. Armati di tutte le apparecchiature necessarie sia per le riprese televisive che per la trasmissione delle immagini in diretta streaming con iPhone, la troupe – una decina di ragazzi e ragazze guidati dal regista Billy Liu – è stata accompagnata da Stefano Olmi, socio del Gruppo Weg di Carpi con Barbara Bonini e Angela Ovi, nel maglificio di Carlo Sacchetti, in via Carlo Sigonio. «Li abbiamo portati nel reparto delle più aggiornate macchine tessili – spiega Olmi –, ma non era quello che volevano filmare e trasmettere a qualche milione di utenti di smartphone, tablet e tv: non hanno infatti nulla da imparare, quanto a capannoni con file ininterrotte di macchine rettilinee e migliaia di operaie al lavoro. Quello che ci hanno chiesto di filmare erano piuttosto le mani esperte di magliaie alle prese con normali macchine da cucire o con la macchina del puntino, perché a loro interessa il lavoro artigianale, la manualità dietro la quale spuntano antiche tradizioni produttive. E’ la loro idea del made in Italy». Con l’ausilio di illustrazioni, e mentre venivano ritrasmesse le immagini di filmati di repertorio della Rai dedicati alla maglieria di Carpi, non è stato difficile spiegare al conduttore della trasmissione in diretta, Mister Jin (un influencer molto seguito in Cina, titolare di tre riviste on line di moda, lifestyle e arredamento e con una dote personale di 4,5 milioni di follower) i cinque secoli di storia del truciolo trasferiti sia come sistema produttivo che come abilità manuali delle donne di Carpi ai trionfi della maglieria e poi della confezione.