Oto Covotta si improvvisa clochard contro lo spreco

Se volete offendere Oto Covotta (in arte Tamidi’s), pittore e poliedrico artista dei materiali di origini irpine ma a Carpi dall’età di 12 anni, dategli del “normale”. Sì, perché lui, che di recente ha festeggiato 80 anni che non gli si danno, tiene molto a quella fiamma di follia creativa che esprime nel proprio lavoro, ma che si coglie anche nel fervore appassionato con il quale lo descrive, oltre che nel suo sorriso indifeso e in uno sguardo che sa vedere dentro la gente come riesce solo a chi prima di tutto sa veder bene dentro se stesso. Immaginate di viverla a Carpi, la follia artistica: in una città dove è sempre stato difficile scalfire la cappa di conformismo che la sovrasta e che non basta certo a rimuovere una settimana di eccentricità affidata alla rassegna Teatro concentrico. Ci voleva dunque un bel po’ di quella “pazzia” alla quale lui tiene moltissimo per travestirsi da clochard, con tanto di barba finta, e aggirarsi con un carrello carico di rifiuti tra la piazza Garibaldi e corso Alberto Pio il 25 giugno scorso, fino a farsi offrire la colazione da Interno DiVino: «Volevo richiamare l’attenzione sulla civiltà dello scarto che abbiamo finito per costruire – spiega –: e ridare valore con l’arte a ciò che la società oggi butta. Non mi riferisco solo agli oggetti, ma anche alle persone, perché ci sono tanti risvolti e sfumature nello scarto: dai gesti alla scelta di far lavorare la gente la domenica. Ecco, con il mio atto ho inteso sottolineare che c’è una sacralità nelle persone e nelle cose, anche se oggi il destino dello scarto incombe su tutto, perché appena un oggetto o una persona non servono più, si buttano. È una civiltà, la nostra, dove c’è il prezzo di tutto, ma valore di niente. E io – conclude – nella civiltà dello scarto, con quel travestimento ho voluto comunicare la ricerca del bene perduto». C’è da attendersi che le foto della performance, scattate da Mauro Vincenzi, e tavole policrome con oggetti di scarto incollati sopra, andranno a corredare una mostra che l’artista ha in mente di proporre con questo significato nella saletta della Fondazione, probabilmente nella primavera 2018.

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