Ha applaudito perfino la comunicazione dei nomi dei consiglieri supplenti eletti nella Commissione elettorale, il pubblico che gremiva la Sala civica Ferraresi, refrigerata a palla nella giornata più afosa dell’anno per dare sollievo ai duecento e passa accorsi all’insediamento del Consiglio comunale di Novi uscito dalle urne dell’11 giugno. Per dire di un clima generale di embrassons nous, di disteso recupero del senso di comunità dopo le divisioni e le asprezze – non tante, per la verità – della campagna elettorale. Merito anche dei toni suadenti ed ecumenici del discorso iniziale di Enrico Diacci che, indossata la fascia tricolore e seduto accanto alla Segretaria generale, Anna Messina, ha officiato la prima parte del rito dell’insediamento, con il tono di voce e le cadenze di uno abituato alle liturgie ecclesiali. Partito dalla percezione di una perdita di fiducia e di timore del declino diffuso fra le genti di Novi, Rovereto e Sant’Antonio, il neo Sindaco ha introdotto il tema della speranza e dell’unità, contrapposte rispettivamente alla paura e al conflitto, per far fronte “…alle sfide reali, serie e numerose” che lo apettano insieme ai suoi. Ha definito la nuova maggioranza “lista giovane, ma che non indulgerà agli infantilismi”. E si è collocato come settimo dei sindaci che hanno amministrato Novi dal dopoguerra a oggi, a configurare una sorta di scala delle note, dall’esito sonoro finora piuttosto uniforme, che gli ha permesso di scomodare la metafora musicale anche a proposito del carattere composito della sua maggioranza, paragonata a una orchestrina jazz dotata di molte sonorità, che non disdegna le improvvisazioni, ma che sa anche riportarle dentro un preciso filo conduttore. Ha evocato lo spirito degli avi, la loro laboriosità e le loro capacità per dire che queste doti non possono essere scomparse e che da esse occorre ripartire per rialzarsi e ricostruire i tre centri, voltando pagina – ed è affiorata qui la sola nota polemica – rispetto a immobilismo e rinvii. “Costruiremo strade e ponti ideali fra le persone e linee digitali nella comunità” ha detto, rigettando l’idea che il sistema Novi sia troppo piccolo per dare spazio a cose grandi. “Ma la necessità e il coraggio permettono di fare tante cose”, ha scandito, ribadendo la propria fiducia “…nella determinazione del popolo che vive sul territorio, nella sua capacità di accoglienza dello straniero, nel suo spirito di sacrificio, nella volontà del genitore di nutrire il figlio, nella forza tranquilla del progresso». E ha concluso il suo discorso dai toni quasi più biblici che politici con una citazione da Obama: “Tutto questo è possibile. Tutto questo noi lo faremo”.
5 Luglio 2017
Novi, allo insediamento di Consiglio e Giunta il Pd con Giulia Olivetti lancia la sfida
Diacci e i suoi già sotto esame
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