Sanità - Del vecchio Piano non si parla più nel Piano di riorganizzazione degli ospedali

Il Pro relega in soffitta il Pal

di Fabrizio Stermieri   

Nelle sei cartelle abbondanti di comunicati stampa che la Conferenza Territoriale Sociale e Sanitaria della Provincia di Modena ha emesso dopo l'incontro di vertice con l'assessore regionale alla sanità per la presentazione del piano per la riorganizzazione degli ospedali modenesi non viene citato nemmeno una volta. E nei commenti successivi dei vari interessati alla vicenda, sindaci, operatori sanitari e sindacati, neppure. Eppure lui, il Piano attuativo locale (per gli addetti, Pal) fu per una lunga stagione il vero protagonista della sanità modenese. Il Pal, elaborato fra il 2009 e il 2010, varato nel 2011 con valenza triennale (2011-2013, per l'appunto) fu, ai suoi tempi, il sofferto e articolato risultato di una vasta consultazione, un elaborato precipitato programmatico con le linee guida per la sanità locale. Altri tempi, si dirà, quando alla direzione delle due componenti sanitarie locali, Azienda sanitaria e Policlinico vi erano persone in seguito in parte cadute in disgrazia, ma il Pal venne sbandierato come uno strumento indispensabile della programmazione territoriale. Col terremoto del 2012 quelle linee guida furono messe in discussione, scardinate, sull'onda dell'emergenza; nel 2014, a piano scaduto (e ad obbiettivi probabilmente non raggiunti, ma è mancata una verifica) i partiti (in Consiglio Provinciale) provarono a ridargli ossigeno ma inutilmente, ormai era morto e a parecchi in effetti non è dispiaciuto più di tanto. A mettere la parola fine (definitiva) sull'esperienza Pal è proprio il Piano per la riorganizzazione degli ospedali di Modena e provincia (vogliamo chimarlo Pro?), reso noto nei giorni scorsi. Un Piano che ha come suo epicentro la fusione (la parola giusta è proprio “fusione”) dei due ospedali modenesi, Policlinico e Baggiovara, laddove nel Pal di onorata memoria si parlava solo di una “riorganizzazione” fra ospedali a cui affidare cure di alta complessità (Policlinico, Baggiovara, Carpi e Sassuolo) e ospedali a media-bassa complessità (Mirandola, Pavullo e Castelfranco). Il quadro tracciato dal nuovo Piano appare dunque in parte diverso: Policlinico e Baggiovara diventeranno una megastruttura da 1.100 posti letto, 3.800 dipendenti, ottanta strutture cliniche complesse, il tutto diviso su due “stabilimenti”, quello di Modena-ex Policlinico e quello di Baggiovara.

Dice Ivan Trenti, nuovo direttore unificato del complesso:  «Saranno valorizzate le rispettive specificità  evitando duplicazioni per migliorare la qualità delle prestazioni. Nasce un polo ospedaliero all'avanguardia, punto di riferimento di rilievo nazionale e nodo strategico per la rete provinciale dei servizi sul territorio con equipe di medici disponibili ad effettuare attività integrata anche presso altri ospedali della rete provinciale».

Un Polo pigliatutto? Al di là delle rassicurazioni, la nuova creatura, pensata e costruita per Modena, lascia poco spazio al resto dell'offerta sanitaria negli altri centri della provincia. Carpi potrà offrire una specializzazione in chirurgia oncologica, Sassuolo diventerà capofila rispetto all'Appennino. Per quanto riguarda la rete ortopedica, a Carpi sarà centralizzata la traumatologia del femore e la chirurgia per pazienti ad elevato rischio clinico, mentre a Mirandola saranno sviluppati la chirurgia protesica di anca, ginocchio e piede e il polo riabilitativo di area nord. Ma il "grosso" delle specialità verrà accentrato a Modena con la possibilità di utilizzare gli altri ospedali (il nuovo Pro li definisce “piattaforme ospedaliere”) per interventi decentrati da parte delle équipe mediche  dei diversi Dipartimenti.

E' meglio o peggio del precedente Pal? Difficile fare confronti. Se non altro perché il vecchio Pal, studiato per una popolazione provinciale di 702 mila residenti del 2010, si proiettava arditamente al 2021 per un bacino d'utenza di ben 760 mila abitanti mentre, nei fatti, i modenesi (dati 2015) sono addirittura scesi di mille unità raggiungendo a stento i 701 mila individui. Occorre sottolineare, tuttavia, che il nuovo Piano, dal vecchio Pal, ha ereditato la propensione a privilegiare dove possibile la medicina territoriale rispetto a quella ospedaliera,  soprattutto con il sistema delle  Case della salute che il precedente Pal auspicava e che sono state in parte già realizzate mentre in parte (vedi quella di Carpi) ancora in via di realizzazione. Tutto a posto, dunque? Beh, non proprio. Sembra che il processo di condivisione faticosamente portato avanti in occasione del vecchio Pal sia stato sostituito questa volta da un processo di formazione demandato interamente ai tecnici dell'Ausl. Insomma, il “territorio”, stavolta è stato sentito poco e poco ha potuto fare per portare avanti le sue istanze che sovente – è vero – cozzano contro le necessità tecniche (ed economiche) del servizio sanitario locale. Così c'è da attendersi che il nuovo Pro, così come è stato proposto e fatto digerire alla Conferenza Territoriale Sociale e Sanitaria, possa non passare altrettanto facilmente sotto la lente dell'opinione pubblica. I sindacati, per esempio, non si sono dimostrati entusiasti del "piano Annicchiarico" ed hanno già alzato la voce in proposito. 

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