L’uovo, l’attesa e la sorpresa

Da quanto tempo non aspetto un uovo di pasqua? Qualcuno me lo regalava ai tempi dei tempi. Se ne restava qualche giorno sopra il mobile della camera da pranzo, coi suoi nastri, i fiocchi, la carta trasparente e quella dei cioccolatini. Era anche importante il supporto, qualcosa che poi restava per casa come contenitore, come ricordo, come segno di abbondanza. L’uovo di Pasqua doveva essere di cioccolato fondente e possibilmente di marca Lindt. Se era Ferrero era proprio il minimo. Si aspettava con ansia che ci fosse il momento giusto per aprirlo. A pranzo, finito tutto il rito e le letterine. Slegavo il nastro con ogni cura di sciogliere il nodo senza romperlo, con le unghie e qualche strumento, veniva conservato, il nastro e ogni altro ornamento, avvolto e quasi stirato con la mano per non so quale possibile utilizzo. Anche la carta trasparente veniva sciolta dalle sue pieghe e ripiegata più volte con l’attenzione di non strapparla. Molto difficile, restava, recuperare la stagnola senza avere la tentazione di farne una pallottola compressa. 

L'accesso è riservato agli Abbonati

Se sei già abbonato, accedi per vedere l'articolo completo

Accedi

Accesso completo al sito, più l'
abbonamento digitale annuale

Vi permette di accedere a tutti i contenuti web di VOCE.it e di ricevere la newsletter quotidiana VoceCittà con le notizie del giorno, Voce settimanale digitale e Voce mensile digitale di approfondimento, direttamente al vostro indirizzo mail. Costo Annuo 29€ Abbonati