Di maggio. Quello vero, di oggi e di ieri. Di maggio vengono prima le rose. Quelle per la festa della mamma, quelle lungo le aiuole che brave casalinghe hanno mantenuto prive di erbacce e monde di pidocchi. Quelle davanti alle madonne che siano sugli altari o davanti alle colonnine delle maestà rimaste lungo i fossi delle campagna. Anche quelle messe davanti alle fila delle viti a fare da spia se arrivano parassiti indesiderati. Rose che non ci sono più in vecchi roseti arrampicati o sopra pergole della memoria. Quelle che fanno cadere petali, quelle che non fanno in tempo a farsi ammirare in boccio, che è in boccio che le rose sono più belle. O anche quelle ricevute per amore, ma quelle non hanno stagione. Quelle davanti alla grotta della Madonna intanto che si sente la canzone, dalle suore quando c’era il cortile e la statua di Bernadette. Di maggio, allora, con una camicetta, niente di logoro e strappato, niente di luccicante, niente di attillato come i brutti leggings che adesso mostrano sederi da nascondere, un golfino per quando tirava un alito di vento. Un golfino blu, la coda di cavallo, la bicicletta.
17 Maggio 2017
Maggio di rose di giostre e di vite possibili
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