Quel che resta del carnevale

Non me ne importa niente del carnevale. Ma non è un bel N segno. Anzi, mi viene in mente come a mia nonna facessero rabbia tutte le manifestazioni di festa. A una, non all’altra. Certo non poteva, la nonna T. vedere coriandoli o le stelle filanti che sporcavano per terra e poi si doveva scopare. Quando scopava con la scopa di saggina gialla, niente aspirapolvere e nemmeno scopini di quelli piumosi, quando scopava aveva una sorta di furia agitata, di energia casalinga che io non ho mai ereditata. Odiava anche le bambine amiche festanti che fossero venute a far confusione a casa. E diceva: “Presto andè a cà, ragasoli, che vostra meder l’av ciama!”. Ciascuno a casa sua era la sua legge. Ma, adesso, del carnevale non me ne importa. Neppure il ricordo di bidelli che a scuola imponevano la limitazione forzata di ogni evento carnascialesco per le stesse ragioni che manifestava mia nonna. Neppure l’ultima ora dell’ultimo giorno quando nessuna prof ce la fa più a fare lezione. Il carnevale, a un certo punto, non ha più attrazioni. 

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