L’accoglienza degli ultimi

Recentemente sono stato a Roma e in un assolato e caldo pomeriggio di visita alla città, sono capitato nella chiesa di San Luigi dei Francesi. Mi ha colpito, anche se l’avevo già visto, il dipinto del Caravaggio raffigurante la vocazione di Matteo, con la luce che ne promana, bella e misteriosa. Il Vangelo dice “Gesù, passando, vide un uomo seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: Seguimi”(Matteo 9.9). Il volto è illuminato, sorpreso da quella chiamata… “Egli si alzò e lo seguì’’ (Matteo 9,9). Una luce, una voce, una risposta che segue immediata, un uomo che cambia radicalmente la sua vita: è davvero possibile?

 

Ma questo mi ha fatto pensare a un’altra immagine: chi era Matteo? Un ultimo, un disprezzato, un lontano esattore delle tasse, professione che lo poneva nella situazione di pubblico peccatore, un diverso, un pubblicano che addirittura diventa discepolo di Gesù, amico del Signore. Allora per Gesù non ci sono categorie privilegiate il disegno della salvezza è per tutti e non esclude nessuno. Si fa prima a dire che a fare! Che cosa succede dopo la scelta di Gesù? Saltano fuori i famosi “farisei’’ di allora, che ci sono anche oggi, che si meravigliano che Gesù sieda con i peccatori. Dice il Vangelo: “Perché il vostro Maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?” (Matteo 9.11). Pare di sentire quando, qualche conservatore, anche vestito di rosso, attacca papa Francesco, per l’apertura e l’accoglienza agli ultimi o perché sprona la Chiesa ad andare nelle periferie esistenziali: “Chi sono per giudicare?’’ ama ripetere il Papa, dividendo l’errore dalla persona (grazie Santità per la visita a don Mazzolari e a don Milani). 

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