E quando Umberto Galimberti, davanti a una piazza gremita, ha imputato al Cristianesimo la rottura del rapporto tra individuo e società, cardine del pensiero dei Greci antichi che ritenevano impossibile l’autorealizzazione dell’uomo se non su questa terra e nella vita della città, le campane della Cattedrale hanno preso a suonare a distesa. Al che, il filosofo si è interrotto, con un sorriso: “Non si può parlar male del Cristianesimo che subito suonano le campane…”. Un caso: era l’orario canonico dell’Angelus. Né c’entrava don Camillo aggrappato alle corde della torre campanaria per sovrastare il comizio di Peppone. Ma quei rintocchi, accostati alla più marcata delle differenze tra il pensiero classico, proteso all’unità dell’individuo con la società e la natura quanto il Cristianesimo li ha separati in nome della salvezza ultraterrena e del dominio sugli enti naturali, parevano voler cancellare perfino il ricordo di un modo diverso di pensare e di pensarci come umanità. Non in un mondo senza Dio, ma in un Dio tutt’uno con questo mondo.
24 Settembre 2017
Campane
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