Campane

E quando Umberto Galimberti, davanti a una  piazza gremita, ha imputato al Cristianesimo  la rottura del rapporto tra individuo e  società, cardine del pensiero dei Greci antichi che  ritenevano impossibile l’autorealizzazione dell’uomo  se non su questa terra e nella vita della città, le  campane della Cattedrale hanno preso a suonare a  distesa. Al che, il filosofo si è interrotto, con un sorriso:  “Non si può parlar male del Cristianesimo che  subito suonano le campane…”. Un caso: era l’orario  canonico dell’Angelus. Né c’entrava don Camillo aggrappato  alle corde della torre campanaria per sovrastare  il comizio di Peppone. Ma quei rintocchi,  accostati alla più marcata delle differenze tra il pensiero  classico, proteso all’unità dell’individuo con la  società e la natura quanto il Cristianesimo li ha separati  in nome della salvezza ultraterrena e del dominio  sugli enti naturali, parevano voler cancellare  perfino il ricordo di un modo diverso di pensare e  di pensarci come umanità. Non in un mondo senza  Dio, ma in un Dio tutt’uno con questo mondo.      

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