Oblio

Saranno state le prime piogge dopo un agosto  soffocante. Sarà per via della prima felpa indossata  sopra la camicia. Sarà quel che volete,  ma il volger dell’estate induce a pensieri grevi.  Per dire che, quando la girandola di feste e festival,  notti bianche, parate e giuochi in piazza, inaugurazioni,  show ed eventi vari si sarà placata con il declinare  della bella stagione, occorrerà pure chiedersi  di che cosa possa vivere in futuro questa avventurata  città. Al di là, ovviamente, del ripiegarsi su se  stessa, centellinando e facendo durare il più possibile  pensioni, rendite e risparmi. Per farla breve,  si profilano all’orizzonte questioni da niente come  lavoro, occupazione giovanile, esistenza o meno di  una classe imprenditoriale preoccupata di produrre  reddito, oltre che di farlo circolare nel commercio e  nei servizi. Guardavamo l’altro giorno i grandi manifesti  sei per tre affissi negli spazi. Non ce n’era uno  che reclamizzasse iniziative private, solo pubbliche.  Il pubblico, appunto: a quanto pare, l’unico che possa  permettersi l’allegra spensieratezza dell’oblìo.

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