In difesa dell’ipocondria

Attenzione: è partita l’offensiva contro gli ipocondriaci, meglio conosciuti come “malati immaginari”. Dal nulla iniziano a spuntare statistiche ed evidenze che sembrano togliere il fiato a qualsiasi ipotesi di replica, o difesa, a favore di uomini e donne dal farmaco facile. In Italia, ci dicono le cronache, gli ipocondriaci sono almeno quattro milioni, praticamente una nazione nella nazione. Ebbene, queste torme di aspiranti pazienti, aggiungono le fonti ben informate, starebbero determinando sul Sistema sanitario nazionale lo stesso effetto delle cavallette sui raccolti. Disastri.

 

In ordine: ogni visita medica ai sedicenti infermi comporterebbe, secondo gli osservatori del fenomeno, un dispendio di tempo aggiuntivo pari all’88 per cento. In sostanza una auscultazione o un colloquio anche generico con un paziente “I” (ipocondriaco) durerebbero quasi il doppio rispetto alle fattispecie dei normodotati (e, diciamo, normoammalati), con un evidente scialacquo di tempo da parte dei dottori.

 

Secondo dato: la santabarbara di interventi non urgenti e necessari, solo l’anno scorso, sarebbe costata alla collettività italiana qualcosa come 10 milioni di euro, per non dire della stagione precedente (13 milioni). Dentro a questa cifra ci stanno accertamenti e visite senza necessità alcuna, farmaci prescritti con funzioni di placebo, e così via. Si tratterebbe di una stima in abbondante difetto rispetto ai costi sociali reali dell’ipocondria.

 

Terzo: anche a causa delle paranoie dei pazienti “I” la somma totale delle visite specialistiche effettuate dagli Italiani nell’arco di un anno sarebbe pari a 200 milioni, ma includendo pure le sedute presso il medico di famiglia e i controlli dal pediatra la cifra lieviterebbe a qualcosa come 480. Fa otto visite procapite, ma si capisce bene che, come nella storia dei polli di Trilussa, qui ce n’è qualcuno (il malato “I”) che ne fa sedici e qualcun altro che si ferma a zero. 

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