Riccione! Riccione!

l fine settimana, di questi tempi, i Carpigiani vanno a Riccione. Oddio, non solo a Riccione, e non solo i Carpigiani. Però diciamo che la tendenza maggioritaria è quella. Lo si evince dalle facce, conosciute, che si incontrano nelle stazioni di servizio. Dalle persone, note, che si incrociano nei viali (due, Dante e Ceccarini) della “perla dell’Adriatico”. Soprattutto lo si comprende dalle narrazioni del lunedì mattina tardo-primaverile o primo- estivo, in cui – terminato il campionato di calcio e conclusa la stagione agonistica dei figli a scuola – l’argomento è di solito quello: quanto c’hai messo ad andare a, e quanto a tornare da, Riccione? Il fenomeno della migrazione di massa dei Carpigiani verso la rinomata località romagnola è di per sé interessante. Altri mari, non necessariamente più malmostosi o peggio serviti, sarebbero più a portata di mano. Altre mete, lacustri o montane, consentirebbero di ottimizzare i tempi di percorrenza. Ma il fascino attrattivo di Riccione, per noi come per tante altre microcomunità di paese o cittadine, rimane invariato e invitto. Ci vanno i monelli alla prima scarrozzata fuori porta senza genitori. Ci vanno gli adolescenti senior perché comunque con il treno è comodo, e da dormire si trova, lì o nelle adiacenze. Ci vanno i neopatentati, perché partire il sabato alle nove di sera è senza prezzo. Ci vanno i freschi genitori, perché l’acqua sarà quel che sarà, ma come Riccione e la Romagna, per i bambini, non ce n’è. Ci vanno i cinquantenni perché ecco lì c’era il Columbus, e non era mica come adesso, e poi si faceva notte in spiaggia. E ci vanno i nonni perché hanno l’appartamentino, oppure – che è quasi lo stesso – l’albergo che li aspetta, ogni anno, impermeabile al tempo, con la novità, cautamente riformista e mai rivoluzionaria, del fitness o dell’opzione vegan nel ristorante. 

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