Avrei una domanda – scriveva Giliola Pivetti nei giorni delle festività sul proprio profilo –: le persone che testimoniano il loro ateismo o agnosticismo augurando buone feste invece che buon Natale si riferiscono alle feste degli altri? Perché sul calendario c’è scritto Santo Natale e Santo Stefano, se uno non ci crede a quali feste si riferisce?”.
Parrebbe un interrogativo come tanti, esauribile con commenti di tre righe da post di facebook, appunto. Ma non lo è affatto e, a feste concluse, vale la pena rifletterci su. Intanto, perché richiama i famosi due livelli. Uno è quello della storicità di Gesù di Nazareth, che nessuno, neppure il più abbietto miscredente, metterebbe in discussione.
È il piano della storia: dunque, anche della nascita e della morte di Cristo sulle quali la Chiesa ha successivamente costruito le liturgie del Natale e della Pasqua. L’altro livello riguarda invece la divinità proclamata da Gesù di Nazareth, la sua affermazione di essere Figlio di Dio, con relativa letteratura sui miracoli, tutta storicamente non dimostrabile e redatta a posteriori.
E questo è il piano della fede, quello dal quale l’ateo e l’agnostico si dissociano, avendo tutte le ragioni per farlo. Restando dunque al primo dei due livelli, quello della storicità di Cristo, perché un ateo e un agnostico non dovrebbero sentire come festosa la circostanza della sua nascita? C’è un prima e un dopo Gesù di Nazareth che si sono ben impressi nella storia dell’umanità.
Il celebre saggio di Benedetto Croce “Perché non possiamo non dirci cristiani” (1942) verte proprio sulla portata storica del Cristianesimo. Esso viene definito “la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuta”, più importante di quella che la Grecia fece con la poesia, l’arte, la filosofi a, la libertà politica; o Roma con il diritto; o le civiltà d’Oriente e l’Egitto con la scrittura, la matematica, l’astronomia e la medicina.
La “rivoluzione cristiana” è stata un processo storico che ha esaltato la coscienza morale, infondendole il senso del peccato e della lotta contro di esso, collocati nell’intimità dell’uomo.