Settegiorni

A rivedersi il filmato in bianco e nero del 1963 che circola sul web, girato per la Rai da Ugo Zatterin per illustrare agli Italiani una delle capitali del boom economico, superato il primo groppo alla gola, vien da riflettere.

Quei testimoni – operaie, lavoranti a domicilio, imprenditori – che si esprimevano ai microfoni con una lingua appena fuori dal dialetto, intimiditi dalle telecamere e, ovviamente, così datati nell’abbigliamento e nelle acconciature, comunicavano sì una profonda radice provinciale e l’appartenenza all’ex paesone affogato nella campagna, ma sapevano il fatto loro quanto a certezze sul futuro, voglia di crescere e migliorare le proprie condizioni.

Oggi che quell’isolamento da provinciali è solo un ricordo relegato alle recite dialettali, potendo vantare marchi della moda famosi, una squadra di calcio in serie B, un campione olimpico, una fermata del treno superveloce e giovani che vanno e vengono dal mondo intero, ci ritroviamo con tutt’altre prospettive, con poca voglia di migliorare e con il rischio delle pezze nel sedere. Mai una volta che l’immagine e la realtà di Carpi riescano a coincidere.

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