Riappare al centro della scena politica Silvio Berlusconi: e noi che credevamo di essere così diversi dall’Argentina di Peròn. Ai non addetti ai lavori, ovvero a quella parte degli Italiani che non hanno mai avuto un seggio a Montecitorio o a Palazzo Madama e mai lo avranno, le leggi elettorali connotate – chissà perché – con il loro invariabile suffisso latino neutro -um (Rosatellum, Consultellum, Italicum, Mattarellum, Porcellum…) appaiono come un sottile, stressante e complicato algoritmo politico, geografico, aritmetico che alla fin fine interessa soprattutto i parlamentari, presenti e futuri, che a esse legano il proprio destino. Vista dalla parte degli elettori, l’ultima approvata dalla Camera e in attesa del voto del Senato, potrebbe tradursi in una scheda per la quale occorrerà come minimo un diploma di scuola media superiore per capirci qualche cosa tra quota maggioritaria e proporzionale. E così, dopo aver spolpato il renziano Italicum con le critiche su una presunta insufficienza di democrazia per via delle liste bloccate, si tornerà al diritto di voto per titolo scolastico. Il che, posizionando la politica a un livello superiore, ci avvicinerebbe all’ideale della Repubblica platonica, se non fosse che neppure fra i diplomati e i laureati d’oggidì abbondano i filosofi.