In un numero largamente dedicato all’ambiente e alla campagna, ci sia permesso inviare a quel paese la Germania che, a tutela dei suoi noti produttori chimici, si è eretta contro la messa al bando del glifosato, il controverso erbicida che il Centro di ricerca sul cancro della Oms definisce “probabilmente cancerogeno”. Locale pubblico di Mantova, all’ora di pranzo. In televisione passa la maschera di Silvio Berlusconi intenta a delineare flat tax, mille euro alle pensioni più basse, via il bollo auto, cure e veterinario gratis per gli anziani, meno Stato, meno tasse, più persona, più famiglia, più impresa. Uno pensa: possibile? Possibile che riappaia dopo aver già smentito tutto con la prova di dieci anni di governo terminati nel gelido abbraccio di Mario Monti e dell’Europa tedesca? E che i media prendano sul serio questa riesumazione del peronismo? Questo pensavamo, finché, voltandoci, abbiamo incrociato lo sguardo venerante e gli occhi lucidi di commozione di una signora sulla settantina, che sorrideva piangendo: “Ma che tenero che è”. Sono tante, le signore sulla settantina che guardano la tivù. E votano. Potrà vantarsi di siffatto ritorno la sinistra della quale Filippo Turati, citato da Massimo Recalcati, diceva: “Noi siamo spesso contro noi stessi, lavoriamo per i nostri nemici. Serviamo le forze della reazione”. Perché? Da dove viene la sindrome? Dall’ideologismo utopico che considera ogni riforma, parole di Recalcati, “…inadeguata, incerta, compromissoria e ambigua”, in un mix micidiale di massimalismo e conservazione che trasforma l’utopia in una galera che “impedisce di intervenire nella trasformazione della realtà”. Sarà appena il caso di ricordare che tutte le sinistre che si vanno moltiplicando di questi tempi hanno issato di nuovo la bandiera dell’Articolo 18. Precariato? Disoccupazione giovanile? Automazione del lavoro? Macché: il problema, ora e sempre, è l’Articolo 18. “Parmigiani pezzi di m…”: il coro partito a freddo da un gruppo di ultras del Carpi senza che vi fossero state provocazioni, ma solo coreografie da parte dei tifosi rivali, lo ammettiamo, ci ha fatto male. Vabbè, è calcio, si dirà: ma qua continuiamo a commettere l’errore di ritenere questa città meglio di quel che è davvero. Tanto più che loro, quelli di Parma, hanno replicato con un “Siete ospiti”, per inchiodare il tifo biancorosso alle sue reali dimensioni: quattro gatti, larghi spazi vuoti, perfino per un derby.
29 Novembre 2017
Settegiorni
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