Settegiorni del 12 aprile 2018

Alla fine è uscito il vocabolo nel quale pare riassumersi l'umore collettivo dopo una quarantina di giorni di equazioni politiche a tre incognite, ormai sapute e risapute. Il vocabolo è: noia. Cominciano a ripeterlo i media, che pure ci hanno sguazzato nelle ipotesi e contro ipotesi circa il governo che chissà quando si farà. Gli Italiani, insomma, si starebbero annoiando mortalmente del teatrino delle consultazioni, delle dichiarazioni, delle cose dette un giorno e smentite il giorno successivo. Questo quadro, però, di una opinione pubblica che si annoia e, dall'altra parte, di una classe politica avvitata su se stessa, non ci convince. Dov'erano quegli stessi Italiani – ci si scusi la retorica – quando si profilava un sistema elettorale in cui il vincitore si sarebbe conosciuto la sera stessa delle elezioni? Erano consapevoli oppure no che l'alternativa sarebbe stata solo un sistema di assoluta delega ai giochi parlamentari, che sono proprio quelli ai quali stiamo assistendo? Così, verrebbe da dire, impariamo a votare una cosa – la riforma costituzionale – pensando invece di ottenerne un'altra, cioè la cacciata di Matteo Renzi.

 

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