"Libertà è partecipazione”, cantava Giorgio Gaber. Fu preso alla lettera e c'è stato un tempo, tra i Settanta e gli Ottanta, in cui si diede fondo al concetto e niente passava se non c'era partecipazione, appunto. Tanto che qualcuno, di fronte ai tempi e agli inciampi che comportava praticarla (i consigli di quartiere, per esempio), cominciò a spazientirsi e a chiedersi se non fosse il caso che i decisori, messi lì per quello, decidessero e basta. Per come siamo fatti noi italiani, ora si è passati all'opposto. E tante cose che meriterebbero almeno un giudizio partecipato, perché destinate a durare nel tempo e a incidere sui panorami che abbiamo permanentemente sotto gli occhi, passano così, senza sapere bene chi e come siano state decise. Tutto questo per venire alla fontana di corso Roma: chi ne ha mai visto il progetto? C'è stata una qualche consultazione, anche solo interna, per valutarlo? E la Commissione Qualità Architettura e Paesaggio dell'Unione ha avuto niente da dire in proposito? Solo perché, a tu per tu, nei corridoi comunali è tutto un dissociarsi dalla scelta: ma allora chi se ne deve assumere la responsabilità?