Alla teoria dello sviluppo lineare della storia si contrappone la visione circolare, dei corsi e ricorsi storici. In effetti il pendolo oscilla costantemente, come abbiamo potuto constatare nell’arco della nostra pur breve esistenza. Lo spunto per questa riflessione mi è offerto dalla notizia dell’ingresso della Cassa depositi e prestiti (pubblica) nel capitale di Tim.
Sembra ieri la stagione delle privatizzazioni, quando sembrava che il privato rappresentasse il toccasana di tutti i problemi della nostra economia. Col senno del poi – di cui notoriamente son piene le fosse – constatiamo che le privatizzazioni delle maggiori imprese pubbliche hanno rappresentato un affare per i soliti speculatori, piuttosto che per le casse dello Stato, oggi ancor peggio ridotte; anzi lo Stato si vede costretto ora a intervenire, sganciando quattrini freschi, nel capitale di aziende che già furono pubbliche. Non mi ri ferisco solo ai telefoni (la rete ha valenza strategica, quindi è giusto che lo Stato ne mantenga almeno in parte il controllo), ma anche alle banche, già pubbliche, come il Monte dei Paschi e le Casse di Risparmio, privatizzate con esiti disastrosi (salvo che per le tasche dei manager), e poi ricapitalizzate con soldi pubblici.