Tutti gli indicatori dell’economia reale sono positivi, al di qua e al di là dell’Atlantico, e segnalano la fine della recessione e tuttavia, proprio ora, dopo anni di crescita lineare, comincia il balletto delle quotazioni e si impenna la volatilità, giacente da tempo su livelli storicamente minimi.
Come è possibile? Ovvero che le buone notizie provochino crolli borsistici e dei corsi obbligazionari? Come è noto i mercati scontano con largo anticipo le tendenze dell’economia reale (quindi salgono sulle aspettative di crescita e realizzano i guadagni, ovvero vendono, a risultato acquisito), ma stavolta non si tratta solo di questo. Il fatto è che per anni le banche centrali hanno inondato i mercati di liquidità, per sostenere l’economia reale e farla uscire dalla crisi e ora che gli indicatori sono buoni e non c’è più bisogno del sostegno pubblico all’economia è cominciata la politica inversa. Con quali conseguenze? Riduzione degli acquisti di obbligazioni, con conseguente risalita dei tassi, il che comporta, oltre certi livelli (si considera il tre per cento), il progressivo spostamento degli investimenti dall’azionario all’obbligazionario e quindi la riduzione del valore delle azioni.