Amori indiscreti ma neanche tanto

I cosiddetti  complimenti che i maschi rivolgono alle donne (alle “signore”di preferenza) in atto di reverenza  o di ossequio hanno, non di rado, un che di affettato, di insincero e l’espressione di qualcosa di dovuto. Ma con il  procedere dell’età mutano qualche volta anche i significati degli atti umani. 

Diventando anziani, ritroviamo, man mano, una nostra natura non alterata, ma come dice Dante “qual fu creata… sincera e buona”.

E allora diventa possibile qui, al Carpine, ciò che ho trovato anche in altre analoghe comunità: uno stare insieme con semplicità, favorita da modi e ritmi di vita comuni e di basilari identiche necessità.

È un’oggettiva complicità di fattori che induce ad attenzioni speciali. I contatti umani si fanno più leggeri e spontanei. È una condizione molto favorevole all’approccio sentimentale, da una speciale simpatia a più teneri modi nel conversare.

Si formano, insomma, delicatissimi accoppiamenti che hanno negli stessi protagonisti le persone più imbarazzate. 

Eppure si tratta di Amori della cui solidità essi stessi sono i più consapevoli.  Il primo di questi idilli mi si manifestò con l’arrivo di un signore al capezzale di una donnina  che pensavo non dovesse più alzarsi dal proprio letto.

Non fu così perché un bel giorno si presentò l’uomo (che le aveva fatto visita alcune volte e che consideravamo un suo stretto parente) e sollevò tra le braccia la futura sposa per condursela all’altare. 

Scene da film, si potrebbe pensare. Invece era la realtà e la sposa confessò più tardi che così avevano agito, in modo quasi segreto, per mero rispetto verso il reciproco affetto. 

Diverse sono le unioni (più numerose di quanto si possa pensare tra anziani gelosi di un proprio nuovo pudoroso amore), ma accenno solo a un secondo esempio che riguarda una signora mia compagna al tavolo di mensa, una vedova dagli occhi ridenti, compitissima nei modi.

Con lei scambiavo semplicemente qualche chiacchiera attratto dal suo fare distinto ma modesto. Un giorno si presentò  con in testa un rigonfio di “bigodini” (come ella li chiamò: ciocche di capelli arrotolati a riccio).

Al mio istante di stupore oppose uno schietto sorriso: domani mi sposo.

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