Annamaria Ori: ''Ma quale tortellino carpigiano...Da noi si chiamano cappelletti''

«Ma come si fa a inventare un Cammino del Tortellino carpigiano con la pretesa di conferire un'impronta tutta locale all'iniziativa, quando da che mondo e mondo qui da noi non si chiamano così, ma cappelletti, o meglio, caplètt, come si ricordava perfino Ernest Borgnine, l'ultima volta che è venuto a farci vista?». E' una Annamaria Ori piuttosto sorpresa e anche un tantino irritata (“Scriva pure arlièda”) quella che si fa viva per contestare l'uso tutto marketing e promozione cittadina di una delle tante iniziative della rassegna Best Carpi e di un termine che in realtà, con le tradizioni di Carpi a suo parere non ha nulla a che fare. E lei, nota studiosa di storia e costume locali, ricercatrice affermata e laureata in Glottologia, di tradizioni e pieghe del linguaggio se ne intende. 

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L'iniziativa in questione è nota, avendo avuto ampia eco sui media nei giorni scorsi. Si tratta di una sorta di percorso di degustazione che gli organizzatori di Best Carpi hanno promosso fra i 17 ristoranti aderenti e che nel proprio menù propongono il tradizionale "ombelico di Venere”, ovviamente mai disgiunto da un buon bicchiere di Lambrusco. Lo hanno chiamato Cammino per evocare quello di Santiago de Compostela e i "pellegrini” degustatori fruiranno di un timbro rilasciato dal ristorante a ogni assaggio. Chi avrà compiuto almeno il 50 per cento del percorso riceverà la "Pergamena del Tortellino” mentre chi lo avrà completato sarà insignito del titolo di "Gran Ciambellano del tortellino”. E' proprio questo ricorrere insistito di un termine a suo avviso così inappropriato che scandalizza Ori: «Il tortellino lo chiamano così i Bolognesi e i Modenesi forse perché le sue origini sono a Castelfranco, a metà strada. Ma da noi quel termine esiste solo per connotare il tortellino dolce, quello con al savòr, mentre il tortello, senza diminutivi, è solo quello di zucca o di erbe. Glielo dice una che di cappelletti se ne intende: sono originaria di Decima di Cento, nel ferrarese, che rientra nel triangolo Cesena-Ferrara-Reggio Emilia, culla del cappelletto e ho imparato a farli da bambina nella versione delle nostre parti, a culasù, mentre a Carpi si chiudono a culazò. E posso assicurare che sono cosa diversa dai tortellini del bolognese, più piccoli e con ripieno differente». Parlare di tortellino carpigiano sarebbe dunque un clamoroso falso storico, con il paradosso di usare un termine sbagliato, allusivo di una tipicità del tutto estranea alla città che si vorrebbe promuovere.