Alberto Zanini negli Usa sulle tracce di vecchi brani funky e soul mai pubblicati

Ricercatore dei suoni dispersi

Immaginiamo un viaggio nel tempo e nella storia della musica, alla scoperta dei protagonisti del soul. Non quelli che ce l’hanno fatta e che conosciamo, ma la miriade di artisti dalla voce eccezionale che ricorderemmo se solo avessimo avuto la possibilità di ascoltarli. Sono cantanti afroamericani per i quali suonare, dagli anni Cinquanta in poi, diventa uno strumento per uscire dalla povertà e dai ghetti in cui i bianchi li hanno relegati. Nella musica si buttano in tanti e solo pochi di loro raggiungono la notorietà tramite contratti con grosse etichette discografiche. Gli altri tentano con un disco, magari due, ma in mancanza di mezzi si fermano ai provini su vinile. Alberto Zanini, friulano, ex dirigente commerciale nel settore dell’edilizia, trasferitosi a Carpi 12 anni fa, nel 2014 ha fondato due etichette discografiche specializzate in musica soul su vinile: la Cannonball Records, tramite cui visita negli States vecchi studi di registrazione chiusi da anni, i cui proprietari reperisce per ottenere nastri di registrazioni inedite degli anni Sessanta e Settanta; e Tesla Groove International Recordings, con cui promuove artisti soul contemporanei stranieri. Il team di produzione è formato da Cesare Barbi (ex Ladri di Biciclette), Luca Zannoni, Riccardo Landini e Daniele Andinetti dello studio Music Inside di Rovereto. Insieme, in pochi anni, sono riusciti a mettere in piedi un progetto che è un mix di filologia musicale, restauro e produzione. In Uk l’hanno definita l’unica label al mondo a fare questo tipo di lavoro di rielaborazione dei demo. 

Come ha preso il via il primo progetto, Cannoball Records? 

«A un certo punto della mia vita ho sentito che non facevo quello per cui ero nato. Sono da sempre appassionato di soul e funk music e con la liquidazione ricevuta al termine della mia esperienza nell’edilizia comprai un biglietto aereo per gli Usa, dove avrei cercato registrazioni rare per arricchire la mia collezione di musica all’apice tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Ottanta. Durante il soggiorno iniziai a chiedermi che fine avessero fatto tutti i demo che non avevano passato la prova delle major label. Milioni di produzioni non avevano mai visto la luce ed erano finite al macero, in cataste di dischi ammassate in scantinati umidi, nel dimenticatoio artistico. Però da qualche parte erano! Ho cominciato a risalire la filiera del tempo andando in cerca dei vecchi studi di registrazione chiusi, che già a quel tempo non erano aperti al pubblico, ma solo alle band. Una ricerca da Fbi, dato che spesso avevo in mano solo una data, un indirizzo e una voce» 

A quel punto? 

«Ho riportato i nastri a Carpi dove li ho restaurati, dopo averli arrangiati e completati con il mio team. Le versioni finali sono state poi pubblicate esclusivamente su vinile in edizione limitata. 

Un lavoro prezioso... 

«Queste cose o spariscono per sempre oppure noi facciamo quel che l’artista sperava che qualcuno avrebbe fatto quando è andato in studio. Lo completiamo con lo stile di oggi, ma rispettando l’atmosfera, il suono, gli strumenti originali dell’epoca. Un lavoro filologico affatto semplice. La realizzazione del pro- dotto finale deve rispettare il momento storico, gli artisti, le tecniche di realizzazione... Ad oggi abbiamo realizzato 40 prodotti in acetato. Solo di una voce mi è ancora sconosciuta l’identità» 

Perché definisce “etico” il suo lavoro? 

«Do loro i soldi che avrebbero avuto se avessero sfondato. Un esempio. Nel 2016, in Michigan, mi sono messo sulle tracce di tale Big Lee Dowell, una voce che meritava un posto nella storia, anche solo come disco della nostra piccola label. Se ne erano perse le tracce, ma nel frattempo le vendite del disco che avevamo riarrangiato stavano andando bene e io accantonavo il ricavato per poterlo consegnare un giorno a lui o a un parente. Lo trovai, andai da lui e gli diedi 2 mila dollari. Un momento indimenticabile per entrambi. E così con gli altri 38» 

Un progetto che vi ha fatto conoscere al mondo intero... 

«Ha sconvolto gli americani, il mercato inglese, europeo, giapponese, le radio più importanti (Bbc4, Bbc 6, Solar e molte altre). Cannonball è considerata al top sul pianeta. Gli altri o ascoltano l’originale e se non è fatto e finito passano oltre, oppure ristampano cose già note. Per noi la regola è che nessuno deve avere mai sentito prima quella musica» 

Poi è arrivata la Tesla Groove International Recordings... 

«Abbiamo avviato un’etichetta per artisti soul contemporanei che sovverte lo schema di produzione. Il primo dei quattro prodotti è Jay Nemor and Electrified, che è in attesa di pubblicare un album i cui primi singoli hanno già riscosso l’apprezzamento della critica internazionale. Ci riempiamo la bocca di integrazione, ma le differenze razziali sono ancora una realtà dominante. Esistono artisti di colore che han- no un talento incredibile ma che non hanno i mezzi per comprare gli strumenti ed emergere. La nostra piccola label si occupa della loro valorizzazione. Ho avuto tutti contro all’inizio, ma voglio dimostrare che esiste un altro modo di lavorare, voglio lasciare un segno – etico – del mio passaggio». 

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