Una liberalizzazione dettata dagli interessi spagnoli, nell’indifferenza del Nordeuropa

Resistere al Lambrusco globale

Trattandosi di un vitigno il rischio è che possa essere prodotto ovunque. Perdendo il legame con il territorio emiliano Sul tema non si registrano finora reazioni da parte del Comune di Carpi. Reggiani ottimista sulla determinazione del Governo

CARPI – Dopo la mozzarella di bufala “campana” prodotta a Monaco di Baviera, dopo il Parmigiano Reggiano ribattezzato “Parmesan” fatto in Argentina, ci toccherà pure il Lambrusco “made in Alicante”, Spagna. E’ quanto temono i produttori del vino tradizionale delle nostre tavole, attualmente sotto attacco da parte dei soliti burocrati di Bruxelles che, nella loro foga di uniformare, omogeneizzare e appiattire le tipicità prodotte in Europa a tutto pro della grande industria, hanno in mente di cancellare un lungo elenco di tipicità di vini prodotti nel nostro paese, dal Sangiovese al Vermentino, passando per l’appunto attraverso il nostro povero Lambrusco che credevamo intoccabile. 

 

Se n’è parlato con gran concorso di politici e di addetti ai lavori in un preoccupato convegno ad Arceto nei giorni scorsi. Presenti, fra gli altri, il ministro per le politiche agricole Maurizio Martina, l’assessore regionale all’agricoltura Simona Caselli e, per quanto riguarda Carpi, gli esponenti delle due cantine operanti sul territorio: la Cantina Sociale di Carpi la Cantina di Santa Croce, fra le maggiori produttrici di Lambruschi doc. «La ventilata liberalizzazione a livello europeo della denominazione “Lambrusco” – è il preoccupato parere di Lauro Coronati, vice presidente della Cantina di Santa Croce – rischia di eliminare alla radice ogni rapporto fra il nostro prodotto e il nostro territorio. “Lambrusco”, a differenza di “Bordeaux” e di “Champagne”, è il nome di un vitigno e non di una zona tipica di produzione. 

Se passassero le nuove interpretazioni delle normative attualmente in vigore a livello comunitario, il vitigno “Lambrusco” potrebbero impiantarlo ovunque e commercializzarlo con quel nome nel mondo, con una evidente perdita di identità del nostro vino e creando una concorrenza formidabile ai nostri produttori che tanto hanno investito in questi anni sui loro impianti». Ma perché accanirsi contro il nostro Lambrusco? «In questo momento il nostro vino va molto bene all’export. Anche e soprattutto in America Latina che, per tradizione e per lingua, appartiene alla sfera di influenza di Spagna e Portogallo. Guarda caso – sottolinea Coronati – attualmente sono proprio gli Spagnoli che stanno dettando le nuove normative di settore con l’assenso sostanziale dei paesi del nord Europa che di vino ne sanno poco o nulla». Insomma, con la scusa di semplificare le normative, di fatto si va verso una globalizzazione della produzione che va a tutto discapito delle peculiarità produttive dei vari territori. La spunterà la Comunità Europea, come temono in molti, o l’Italia ce la farà a tenere duro? «Sono possibilista – dice Erennio Reggiani della Cantina Sociale di Carpi e Sorbara, schierata da sempre a difesa della tipicità del Lambrusco – perché ho visto, anche al convegno di Arceto, la determinazione del nostro Governo e della nostra Regione a mantenere l’attuale situazione a salvaguardia del settore e degli investimenti effettuati dai nostri agricoltori. Certo, il problema è grave e va affrontato». Ma l’impressione è che l’Italia si trovi piuttosto isolata in questa battaglia e che non tutti sentano il problema allo stesso modo; per rimanere a casa nostra, i partecipanti all’incontro di Arceto hanno sottolineato positivamente l’intervento di Alberto Borghi, sindaco di Bomporto, che da anni si batte per dare slancio al settore vitivinicolo anche con iniziative promozionali e di tutela. «Di pubblici amministratori carpigiani – rilevano tuttavia coloro che erano presenti all’incontro che ha registrato la partecipazione di circa 500 addetti ai lavori – non ne abbiamo visti. Peccato perché l’occasione avrebbe meritato anche una presenza istituzionale di Carpi che praticamente si trova al centro dell’attuale area di produzione del nostro vino d’eccellenza».

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