Impresso da Aldo Manuzio e pieno di simboli cabalistici. Opera di Pico?

I misteri del più bel libro che sia mai stato stampato

Qualcuno, forse esagerando, lo ha definito “il più bel libro a stampa illustrato” mai uscito da torchi editoriali. Di certo la Hypnerotomachia Poliphili (titolo difficile da pronunciare e anche da tradurre, visto che significa “Combattimento amoroso in sogno di Polifilo”) è una splendida realizzazione del più puro Rinascimento. Un libro più celebrato che letto, forse, visto che si è imposto nell’immaginario collettivo per le sue 170 doviziose xilografie e per i suoi eleganti caratteri tipografici incisi dal bolognese Francesco Griffo, piuttosto che per l’ostico (e vedremo anche, criptico) italiano volgare cinquecentesco infarcito di latinismi e di parole di una lingua in formazione che oggi non utilizzeremmo nemmeno se costretti a forza. Il “sogno” di Polifilo, nasce nel 1499 a Venezia, nella stamperia di un grande umanista del calibro di Aldo Manuzio, già precettore del principe Alberto III Pio di Savoia, in quell’anno non ancora solo ed unico signore di Carpi. Nasce, peraltro, come opera del tutto nuova anche rispetto al filone editoriale che Manuzio ha inaugurato alcuni anni prima, dopo essersi trasferito da Carpi (dove aveva insegnato ad Alberto, a suo fratello Leonello e anche a colui che dopo diventerà medico famoso con il nome di Jacopo Berengario), e dopo aver dato alla luce importanti opere di classici e filosofi greci in lingua originale: Aristofane, Tucidide, Senofonte, Erodoto e, fra il 1495 ed il 1498, l’opera omnia di Aristotele che lo stampatore dedica non a caso al suo ex allievo (diventato nel frattempo suo “sponsor” e sovventore), il principe Alberto. La Hypnerotomachia (d’ora in poi “Il sogno di Polifilo”, per semplicità) è del tutto diversa: in volgare anziché in greco o in latino, le lingue degli intellettuali dell’epoca; illustrata, anzi illustratissima, mentre in precedenza al massimo si ornavano i capolettera all’inizio dei vari capitoli; e, soprattutto, ermetica, indecifrabile, ricca di significati nascosti, nelle parole e nelle immagini. Un libro senza autore, fin quando gli studiosi non hanno scoperto che mettendo tutte di fila le lettere iniziali di ognuno dei 38 capitoli de “Il sogno di Polifilo”, ne usciva un acrostico, una scritta nascosta che (forse) rivela il nome dell’autore. “Poliam frater franciscus columna peramavit”, in latino; “frate Francesco Colonna amò intensamente Polia”, in una versione in italiano che non ha convinto tutti gli studiosi. Quindi il libro è opera di tale Francesco Colonna, frate? Sul nome dell’autore i critici si sono divisi (come sul nome di colui che disegnò e incise le illustrazioni del libro, che rimane ignoto): Francesco Colonna, un frate padovano (secondo alcuni)? Francesco Colonna, nobile signore di Palestrina (secondo altri)?

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