Il sogno mai realizzato di rendere navigabile il Canale dei Mulini

La via d'acqua che non si fece

Questa è la storia di un progetto – un canale navigabile dentro le mura di Carpi sfociante in una rete idrica esterna, sempre navigabile – che non è mai stato realizzato. La vicenda, tuttavia, ricostruita attraverso atti d’archivio permette di conoscere aspetti poco noti dell’economia, dell’import-export e delle produzioni tipiche di Carpi fra Sei e Settecento, l’epoca nella quale quell’idea vagheggiata per due secoli parve per un attimo prendere forma, anche se poi non se ne fece nulla. Ma partiamo dall’inizio. L’utilizzo di fiumi e canali navigabili per il trasporto delle merci, per lo spostamento degli eserciti e delle persone è pratica antica quanto la storia della civiltà, in tutte le aree attraversate da vie d’acqua. In Italia, nella pianura padana, le condizioni ambientali particolari, con l’ampia diffusione dei terreni limosi e argillosi, con piogge e nevi concentrate da ottobre ad aprile (almeno lo erano fino a pochi anni fa) rendevano in passato quasi tutte le strade impraticabili, con pochissime eccezioni. E la situazione è perdurata fin verso la metà dell’Ottocento, quando si cominciò a riportare sulle strade materiale di rivestimento. Sul finire del Medioevo e soprattutto dall’età rinascimentale in poi, la navigazione padana si ampliò verso porti sempre più interni e molte Signorie ebbero il loro canale per la navigazione. Nel piccolo principato di Carpi, le mura che circondavano la città erano contornate da un fossato più o meno largo e profondo secondo le zone, alimentato dal Canale dei Mulini, scavato fra il XII e il XIII secolo. Dapprima solo esterno e utilizzato soprattutto per azionare i mulini dislocati lungo il percorso (don Natale Marri ne cita diciotto solo fra Gargallo, i dintorni della città e Cibeno), fra il 1546 e il 1562 fu fatto passare anche all’interno, un po’ per i mulini insediati dentro le mura e un po’ per scolare le acque reflue. Allo stesso periodo risale la prima idea di ampliare e rendere idonea questa risorsa idrica alla navigabilità, in funzione del trasporto mercantile. Per dare corpo a questo proposito, ritenuto urgente e indispensabile, la Comunità carpigiana, in una seduta municipale nell’anno 1551 decise di rivolgersi al duca Ercole II d’Este, con una petizione diretta a ottenere il suo permesso e anche un aiuto concreto per l’ampliamento del Canale dei Mulini. Si avanzava in sostanza il “... propositum de faciendum navilio per canale molendinorum pro utilitate rei pubblico”: che cioè il Canale dei Mulini, che già riforniva d’acqua le fosse cittadine, fosse reso navigabile per pubblica utilità. Il Duca, rendendosi conto che l’opera sarebbe stata di non poca rilevanza per la Comunità, con suo chirografo datato 26 dicembre 1551 autorizzava lo studio di un progetto ad hoc che poi gli avrebbe dovuto essere sottoposto per l’approvazione, stabilendo che l’eventuale spesa venisse però sopportata dalla Comunità mediante un aumento della tassa sul sale di un quattrino in più sopra ogni libra, fino al termine del lavoro. La fase di studio progettuale, si protrasse per molto tempo anche a causa dei frequenti eventi bellici, dei disastri naturali, delle epidemie e carestie, subendo lunghe interruzioni. Fino a che, nel 1629, la bellezza di quasi ottant’anni dopo, una seduta comunale autorizzò ufficialmente l’inizio dei lavori, “...conforme – recita la delibera – la concessione fatta nel 1551 facendosi i sostegni, chiaviche e saracinesche a spese della Serenissima Camera Ducale come per grazioso rescritto promise il Duca, essendone già fatte in buona parte, perché si aumenteranno per detta navigazione le entrate ducali e ritornerà a beneficio del pubblico” (qualche manufatto, dunque, era stato realizzato). Per le opere venne stabilito che fossero scavati e mantenuti i condotti del carpigiano secondo le rispettive competenze coordinate dal Massaro della Comunità con concorso degli uomini delle frazioni rurali e anche degli “esenti” cioè di quelle persone privilegiate che di solito erano sollevate dal pagare tali imposte. Nei documenti non si trova però traccia dei lavori che avrebbero dovuto essere attuati: solo dopo la conclusione della guerra di successione spagnola, nel 1708, si ha notizia di una ripresa degli studi di fattibilità. Da questo momento, si trovano più documenti sull’utilità del canale navigabile e sui benefici che ne avrebbe potuto trarre Carpi, che sulla sua effettiva realizzazione. Ed è qui che si apre uno scorcio interessante sull’economia cittadina del tempo.

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