Nella foto delle nozze Balli-Bignami (1931) un pezzo di storia e una grande personalità

Ritratto d'epoca con luminare

Ci sono fotografie che rivelano pezzi di storia: sia la piccola storia delle vicende personali e familiari che la grande Storia che vi fa da sfondo e con la quale si intrecciano, condizionandosi a vicenda. Quella che pubblichiamo, gentilmente concessa alla nostra attenzione da Mauro D’Orazi che l’ha scovata sul web, ritrae familiari, parenti e amici radunati in occasione di un matrimonio. La dicitura che appare sul retro della foto fornisce anche i nomi dei protagonisti della cerimonia nuziale – “Nozze Bignami-Balli” – nonché città e data della celebrazione: Carpi, 15 ottobre 1931. Di nostro, grazie al lavoro di Lucia Armentano, possiamo aggiungere con certezza che il luogo della foto è il cortile del palazzo vescovile di Carpi, nella cui cappella ha appena avuto luogo la cerimonia religiosa. Al centro, campeggia la figura di Giovanni Pranzini, vescovo di Carpi dal 1924 al 1935, celebrante e zio della sposa per parte di madre. Lei, la sposa, la sola con abito chiaro, un po’ goffa con quel bouquet impugnato distrattamente con entrambe le mani, è la ventiduenne Elisa Balli nativa di San Biagio di Correggio, figlia di Francesco e di Teresa Pranzini, la sorella del Vescovo, appunto. Lo sposo, alto, allampanato, anche lui con un piccolo mazzo di fiori nella mano sinistra, si chiama Giuseppe Bignami. È originario di Chignolo Po, un piccolo comune in provincia di Pavia, dove è nato 38 anni fa. Si capisce la postura che lo vede quasi volgere le spalle alla sposa per farsi piuttosto immortalare accanto alla figura alla sua destra, una volta che si conosca il nome di quel signore con i baffi, molto serio e quasi accigliato. Si tratta infatti del professor Ruggiero Balli, zio della sposa per parte di padre, medico e ricercatore, considerato già a quel tempo uno dei grandi maestri della Radiologia italiana. Lo sposo è stato suo studente, quando Balli insegnava all’Università di Pavia: ed è evidente l’atteggiamento di riverenza e l’orgoglio dell’ex allievo nel farsi ritrarre accanto al maestro più che alla sposa. Alla destra del Vescovo, si distingue una sorridente, bella e sconosciuta signora, ma tutte le donne del gruppo allineato dietro una composizione di fiori bianchi e felci in cesti ben armonizzato con l’acciottolato del cortile, tramettono un’immagine di composta e serena allegria. Un poco più ombrosi e presi dalla solennità dell’evento appaiono gli uomini. Le une e gli altri si segnalano peraltro per una discreta eleganza che più di mille parole restituisce il ritratto di un frammento della buona società borghese. Particolare importante: nes- suno degli uomini indossa la camicia nera. Siamo nel 1931: di lì a pochi giorni in tutta Italia il regime, che si è appena consolidato con l’entrata in vigore del codice Rocco, celebrerà il nono anniversario della marcia su Roma. Ma nel gruppo in posa non si scorge traccia del momento politico: esso riflette piuttosto il ritratto di quella parte della società italiana che il regime corteggiava e che dal regime si sentiva protetta, pur disdegnandone le volgarità e guardando dall’alto l’arrivismo corrotto e arraffone di molti suoi esponenti. In una parola, pur sentendosi culturalmente diversa e superiore.

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