Post Covid e reshoring: uno scenario possibile?
Con la pandemia, oltre alle grandi e note difficoltà per la filiera della moda italiana, si torna a tornare di reshoring (o backshoring), vale a dire del ritorno in Italia delle produzioni in passato delocalizzate all’estero. E’ un tema di cui discute da anni ma che con il Covid è diventato sempre più attuale. Innanzitutto perché l’emergenza sanitaria ha dimostrato quanto sia importante disporre di una catena di approvvigionamenti “corta” e quindi meglio controllabile, ma anche per ridurre i costi di spostamento di merci e personale in Paesi lontani. Senza dimenticare la necessità di avere la garanzia di produzioni certificate e tracciabili, oggi sempre più richieste ai brand da parte dei consumatori, nonché leva strategica di marketing.
Parole e considerazioni teoriche a parte, è davvero fattibile un reshoring per l’abbigliamento, le calzature e gli accessori? I casi reali sono pochi, anche perché il costo del lavoro in Italia è molto alto. Un fenomeno del genere potrebbe diventare un fatto rilevante solo se si attivassero alcune azioni di sostegno: di politica industriale intervenendo sugli oneri fiscali, di innovazione tecnologica per guadagnare in competitività e di investimenti nella formazione per i giovani.