È la Fondazione dell’Ingegnere
Il nuovo corso vuole scuotere la città senza perdere di vista la sostenibilità degli impieghi
La Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi al tempo di Corrado Faglioni presidente è un’altra cosa. Questo il messaggio chiaro e forte lanciato dall’Ingegnere alla presentazione del primo piano triennale recante per intero la sua impronta e quella dei Consigli d’Amministrazione e d’Indirizzo che lo affiancano. Un’altra cosa nel senso di non solo sostenitrice di quel che c’è, ma anche di produttrice di cose nuove (“dal sostegno al territorio all’innovazione” è il concetto sintesi impresso nel piano). Di assunzione di un ruolo attivo nella città. Di voglia di scrollarsi di dosso un bel po’ della ritualità ripetitiva delle erogazioni e dei progetti poliennali che non finiscono mai, trasferiti per inerzia da un esercizio finanziario all’altro con il solo effetto di paralizzare risorse. Della precisa scelta di indirizzare gli sforzi maggiori in direzione dell’innovazione e dei giovani da parte di un Ente descritto da Faglioni “...con la testa al futuro e con i piedi nel passato”, nel senso di pronto a stimolare spirito imprenditoriale, nuove idee e nuove iniziative con un piano di investimenti che non ha eguali, attinto dal patrimonio storico. Si è capito subito da che cosa dipenda questa che si potrebbe definire la nouvelle vague di Palazzo Brusati, questa volontà di protagonismo limitata solo da un preciso (perfino scientifico, com’è nelle corde del Presidente/ Ingegnere) controllo dell’efficacia e sostenibilità degli impieghi. Dipende da una valutazione preoccupata della situazione della Carpi di oggi; dalla sensazione che la città si ritrovi un po’ seduta; che le si attagli fin troppo bene la famosa frase di Romano Prodi per la quale “...non si può essere ricchi e ignoranti per più di una generazione”; che abbia perso punti in fatto di spirito imprenditoriale, attrattività e anche nella competizione fra territori; dalla presa d’atto che in passato anche la Fondazione sia stata un po’ latitante, se è vero che al confronto con il sistema Acri, l’Associazione che raggruppa tutti gli enti analoghi, la voce “ricerca e sviluppo” nella distribuzione di risorse registra una percentuale pari a zero, contro la media nazionale del 13,7. Ma dipende anche dall’esigenza, trasmessa con chiarezza da Faglioni, di non ripiegare nel pessimismo che non aiuta a svoltare in un momento in cui occorrono soprattutto fatti, anche assumendone i rischi che comportano.