È uscito il suo “Tempestivamente inopportuno”

Alboresi, narratore dell’assurdo nascosto nel quotidiano

Carpi – «Ci sono persone che hanno dentro un tale bisogno di esprimersi che se glielo stoppi finiscono per esplodere». Il rischio, Andrea Alboresi, 40 anni (a lato), spirito inquieto e ribelle fin dall’adolescenza (“Ho avuto una carriera scolastica terrificante e ho fatto di tutto: barista, programmatore di macchine tessili, artigiano con mio padre, chitarrista in una band di hard rock”) il rischio, si diceva, Alboresi lo ha evitato dando alle stampe una raccolta di sei racconti che ha tutta l’aria di non essere l’ultima, trattandosi della selezione da un materiale molto più ampio. “Tempestivamente inopportuno” (Siracusa 2016, 88 pagine, 12 euro) è il titolo assegnato a questa opera che segnala un debutto letterario, anche se qualche suo scritto, in passato, era già circolato, meritandosi rionoscimenti e premi, come il “Città di Sassuolo” del 2004.

Sei racconti nell’onirico, nel surreale e nel paradosso, verrebbe da definirli, «…e della stessa cosmologia», aggiunge l’autore, dove un’anima vomitata si fa persona a immagine e somiglianza del portatore originale; dove ci sono cessi che parlano e scarafaggi pusher e avvenenti fanciulle che si rivelano per robot e mietitori di anime per l’inferno e maestri di una setta new age che evaporano in lampi di luce azzurra e dialoghi che sembrano un normale addio all’aeroporto ma preludono alla partenza di uno dei due sull’astronave da cui era atterrato “…per una selvaggia vacanza nel pianeta dominato dai discendenti delle scimmie”. Al centro, tramite tra il realismo della situazione di partenza e la puntuale evoluzione di ogni racconto verso l’assurdo, c’è solidamente lui, un io narrante che molto si concede tra piñe colade, whisky torbati, tequile e fumo, filtri per una visione nient’affatto positiva del paesaggio umano contemporaneo, al quale riserva una solida e sperimentata misantropia. 

Lo stile narrativo è pervaso dal disincanto di chi si aspetterebbe molto di più dagli uomini, da quel che di anima c’è dentro di loro e da sentimenti nobili come l’amore: frasi secche, autoironia spinta fino al cinismo, umorismo sparso a piene mani come una sottolineatura ricorrente delle situazioni. Il tutto ricorda un po’ la scrittura beat e l’approccio esistenziale di Charles Bukowski: «Non ho mai pensato di scrivere per gli intellettuali – sottoliena Alboresi –. La mia è una scrittura facile, semplice, per le persone che solitamente non leggono. Uno stile, insomma, adatto a un genere che mi verrebbe un po’ da accostare alla favola di Esopo, senza messaggi o morali da trarre alla fine, ma il cui senso sta tutto in un invito all’introspezione. Ecco, se dovessi definirli li chiamerei proprio racconti introspettivi, in controtendenza nel nostro tempo che ci stimola con una quantità di fatti, ma che non sa più che cosa sia il guardarsi dentro e in cui manca il senso stesso dell’essere umano. Non nascondo – aggiunge – che la morte di mio padre mi ha molto sollecitato: l’ho recuperata come una spinta a indagare su me stesso e come volontà di realizzarmi, dandomi un senso».

Il libro di Andrea Alboresi diventerà presto un e-book su Amazon e sulle piattaforme più diffuse e verrà presentato il 29 giugno (data da confermare) alla Libreria Mondadori.

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