“Made in Carpi” di Werther Cigarini

Il declino di Carpi. Figlio dell’assenza di tradizione industriale

Quello dell’impresa e del tessile abbigliamento non è il mio mondo, scrive Werther Cigarini introducendo il suo “Made in Carpi. Dai cappelli di paglia all’alta moda. Una tradizione in cerca di futuro” (Modena 2019, 18 euro), presentato l’altra sera all’auditorium Loria. Riconosce dunque che, gli sono più famigliari i mondi della politica e della pubblica amministrazione, al centro del suo precedente “Carpigrad”. Il che, dopo un lunghissimo excursus storico che va dal dopoguerra ai giorni nostri, con ampio ripescaggio della storia del truciolo, non gli impedisce però di arrivare alla conclusione che no, non esiste una tradizione industriale carpigiana. E che nella definizione di “carpeggian cervelli” coniata da Guglielmo Maggi nelle sue “Memorie historiche della città di Carpi” (1707) rientra una quantità di geniali inventori, studiosi, scienziati, artigiani e artisti prodotti dalla città, ma non la categoria dei majèr, i magliai, fondatori e prosecutori della più nota delle categorie imprenditoriali cittadine. Ai quali potranno essere riconosciuti coraggio, abilità, faccia tosta e furbizia commerciale, ma non certo l’ampiezza di visione che ha sovrinteso, in altri contesti alla costruzione di solide realtà industriali anche nel tessile abbigliamento. Uniche eccezioni, riconosciute da Cigarini, quelle di due imprenditori come Ciro Menotti e Alfredo Bertesi, nelle cui imprese c’erano anche politica e visioni: l’innovazione tecnologica per il primo; il tentativo di conciliare capitale e lavoro, nel secondo. Questo è il filo conduttore al quale si vede che l’Autore tiene di più, facendolo emergere di tanto in tanto da una lunga quanto non proprio originalissima cavalcata negli anni dello sviluppo manifatturiero della città che torna a evocare i numeri di quell’espansione, affiancati dai consueti flash, divenuti quasi luoghi comuni, estratti per lo più dal saggio di Giorgio Bocca “Gusto italiano, paghe giapponesi” (1962), con tutta l’aneddotica su arrembanti nuovi ricchi e rituali legati alla celebrazione delle loro fortune, fra cene, feste, auto di lusso, barche e ville nelle località di villeggiatura più rinomate.

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