Nel libro di Burzacchini un amore sullo sfondo di due opposte realtà
Carpi – I protagonisti sono Giacomo e Angelica, lui giovane medico e lei una delle pochissime ragazze che nell’Italia del 1902 decidevano (e potevano permettersi) di iscriversi alla facoltà di Medicina. Vivono a Firenze, condividono l’interesse per i propri studi, accarezzano progetti di vita in comune, lui la ama e vuole sposarla e lei, oltre a trovarlo bellissimo, è affascinata dalle sue idee, dal suo modo di infervorarsi e di “trovare subito il giusto e l’ingiusto, il bene e il male”. Ma si capisce subito che sono attesi da due destini diversi. Lui, idealista e istintivamente portato a battersi contro le ingiustizie del tempo, frequenterà i circoli operai della città, gli operai delle fonderie e della Pignone, alle prese con condizioni disumane di lavoro e simpatizzanti per il socialismo rivoluzionario. Lei, figlia di un medico veterinario, andrà a passare l’estate a Settignano, nella villa La Capponcina nella quale il padre è stato chiamato da Gabriele D’Annunzio, che l’ha presa in affitto, per curarsi dei cavalli e dei levrieri del poeta. E’ la villa, circondata da un giardino lussureggiante e dai profumi stordenti, che farà da sfondo al tramonto del tormentato amore tra D’Annunzio ed Eleonora Duse, che risiede nella Porziuncola, una dimora affittata poco distante. E sarà proprio lei, l’attrice, incontrata da Angelica lungo i sentieri ghiaiosi del giardino della villa, a farle capire che l’amore non è quello che lei pensava (“Amate voi due insieme. Non lui in quanto lui, per quello che è”), perché il suo Giacomo, riconosce la ragazza, non vede certo l’amore come follia, desiderio e passione: tratti, questi, ben presenti invece nell’infelice storia che lega la Duse al Poeta e dalla quale l’attrice confida di aver capito che “…quello che ama di più è annientato da colui che è amato”.
Non riveleremo se alla fine la scoperta da parte di Angelica dell’amore come passione, alimentata dalla lettura di D’Annunzio e dalla frequentazione della villa, potrà coesistere con la visione che ne ha il suo Giacomo, così lontana dagli estetismi e intrecciata invece ai suoi ideali di giustizia sociale. E’ infatti proprio questo l’arduo equilibrio sul quale si regge l’impianto narrativo di “Sulle tamerici salmastre” (Modena 2015, 205 pagine, 15 euro), secondo romanzo della scrittrice carpigiana Alessandra Burzacchini, ben nota in città per essere anche animatrice del gruppo di lettura “La Biblioteca dei miei sogni”, nonché docente di letteratura all’Università della Terza età “Gasparini Casari” e titolare della rubrica La Lettura su Voce.
E’ un romanzo sull’amore, o meglio, su due visioni dell’amore nelle quali paiono specchiarsi anche i due grandi filoni culturali che dominarono il passaggio dall’Otto al Novecento – il verismo e il decadentismo – che Burzacchini sa rendere con grande capacità, portandoli nel vissuto dei propri personaggi, pur rimanendo fedele al contesto storico, ricostruito con molto rigore. Nella trama di questo amore vissuto da lontano e da opposte sponde, si innestano sia un episodio a fosche tinte costruito come un noir che le figure, sofferta la prima e trionfante il secondo, di Eleonora Duse e Gabriele D’Annunzio, lei innamorata tradita, lui raffinato esteta e traditore. I personaggi ben scolpiti, la verosimiglianza dei dialoghi, la perfetta costruzione narrativa, l’accurata ambientazione, la scrupolosa attenzione descrittiva fanno di questa seconda fatica letteraria di Burzacchini un’opera davvero matura, che in materia di amore ci riporta a sensibilità del passato, inducendo però a interrogarci in continuazione su noi stessi e sul nostro presente.