Poveri, ma capaci di accogliere
I “treni della felicità” di Pci e Udi per dare sollievo ai bimbi delle zone devastate dal fronte
Si stavano ancora contando i morti, tante città erano ridotte a un cumulo di macerie; da una parte si aveva voglia di respirare aria pulita dopo i tempi bui della dittatura, dall’altra era difficile dimenticare le responsabilità di chi fino al giorno prima si era schierato dalla parte sbagliata. È il contesto nel quale, alle 14,30 del 19 gennaio 1946 dalla stazione Termini di Roma partiva il primo “treno della felicità”, come verrà soprannominato dall’allora sindaco di Modena Alfeo Corassori, con a bordo 1.200 bambini tra i 6 e i 12 anni. Provenivano dalle borgate romane e dalle località del Lazio devastate dalla guerra, direzione Modena e provincia, per trascorrere l’inverno lontani dalla miseria e dai patimenti della fame. I bambini vennero suddivisi e distribuiti per tutta la provincia: alla stazione di Carpi ne arrivarono 750, accolti con latte caldo e panini dalle autorità locali, dal Comitato promotore dell’iniziativa e da una folla plaudente. Di quel generoso episodio di accoglienza si era già occupata Anna Maria Ori nel capitolo “I bimbi di Roma”, pubblicato in “Carpi dopo il 1945” (a cura di Paola Borsari, Roma 2005) e corredato da una mostra allestita in sala ex Poste.