Da una testata satirico umoristica uno scorcio della città di fine Ottocento

Rideva Carpi nella Belle Epoque

Le vignette e le prese in giro, poetiche e dialettali, non sono una novità del Novecento

Dobbiamo a un appassionato collezionista di stampe che lo ha ricevuto in dono da un archivio privato, se oggi viene restituito alla luce e alla notorietà quello che si potrebbe definire l’antenato dei numeri unici satirico umoristici che i Carpigiani non più giovanissimi ricordano in uscita durante le festività natalizie e paquali. Il collezionista è Lorenzo Chiari, 40 anni (Voce si è occupata di lui in occasione dell’uscita di una sua raccolta di bozzetti di Nando Miselli) e il giornale in questione, uscito l’1 ottobre 1893, si chiamava Pega al sold, con l’ironico sottotitolo “numero 1 e ultimo”. È stato il precorritore di una serie di testate per lo più ammiccanti al dialetto e che, per limitarci agli anni dal 1951 al 1962, si chiameranno Al papagal, Al bus d’la ciavadura, Mo che ov!, Dolz e brusch, Al bledegh, La ruscarola, Al sgambet, Al bidoun, La zarabutana... Non riveliamo niente di nuovo nel ricordare che si trattava di pagine, affidate ai disegni e alle vignette di geniali caricaturisti come lo stesso Nando Miselli e Giuseppe Merighi e ai testi (versi poetici, raccontini, zirudèli) nei quali si alternavano appassionati cultori del dialetto e della cosiddetta “carpigianità” come, per citarne solo alcuni, Cinzio Micheli, Vittorio Salati, Ruggero Rustichelli, Giancarlo Medici, insieme a qualche giovane studente come Rossano Bellelli. Come è stato scritto più volte, i contenuti afferivano alla Carpi perfettamente inquadrabile nella definizione guareschiana di “piccolo mondo antico”, cioè di una città raccolta e dove tutti si conoscevano e tutti erano perfettamente riconoscibili anche attraverso le caricature, le metafore, le allusioni a particolari abitudini, a tratti caratteriali e perfino fisici (il naso grosso, le orecchie spropositate, il fisico da pin up di certe signorine, il modo di camminare, eccetera) colti dalle foto e soprattutto dal passeggio in piazza osservato dai tavolini dei bar, a partire dal più “carpigiano” di tutti, che era il Bar Roma. In più, c’erano le prese in giro nei confronti del Comune, specie per il numero e le attitudini dei dipendenti e per certi tormentoni amministrativi che si trascinavano irrisolti di anno in anno (il più noto resta la lunga attesa dell’arrivo in città del gas metano). Una piccola città, certamente, ma nella quale si avvertivano molto forti i segnali di una crescita impetuosa e rapida, come si nota dalla cospicua raccolta pubblicitaria e dalle numerose caricature di professionisti in auge e di arrembanti imprenditori beneficiati dalle nascenti fortune della maglieria.

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