Francesco Caloia, 29 anni, lavora alla Banca centrale dei Paesi Bassi

Un economista nella tana dei cattivi Olandesi

Da una città d’acqua all’altra; da Venezia a quella Venezia del Nord che è Amsterdam. Nel febbraio 2018 avevamo lasciato il ventinovenne carpigiano Francesco Giuseppe Caloia – figlio di Vincenzo, barbiere da mezzo secolo in via Menotti, matrici scolastiche al Meucci – a Ca’Foscari, nel cuore del capoluogo lagunare, dove era approdato per un dottorato di ricerca dopo la laurea in Economia e Finanza a Modena. Campo di specializzazione: l’Econometria, ovvero l’uso della statistica per produrre modelli idonei a verificare ipotesi di politiche economiche. Materia della tesi di dottorato: gli effetti microeconomici delle politiche macroeconomiche, in particolare in Olanda. Lo ritroviamo oggi, a pochi giorni dal coronamento del proprio dottorato, in collegamento con Amsterdam, dove vive ormai da due anni, approdo inevitabile, dato l’argomento della tesi, : «Ci sono venuto – spiega – grazie al mio supervisor di Venezia che, vista l’inclinazione per l’economia applicata alle politiche, mi ha indirizzato verso un economista della Banca centrale d’Olanda nonché docente di Economia della Vrije Universitet». Il duplice ruolo del suo referente olandese spiega anche la doppia occupazione del giovane economista carpigiano nella metropoli dei Paesi Bassi. È infatti sia assistente nel Dipartimento di Economia della Vrije Universitet Amsterdam che economista presso il Dipartimento di Stabilità finanziaria della Banca centrale olandese che tiene sotto controllo i rischi per la stabilità finanziaria e coopera con le istituzioni internazionali (Bce, Imf ed Esrb, l’Euro- pean systemic risk board) per quanto riguarda, ad esempio, l’implementazione delle politiche macro- prudenziali nei vari paesi.

 

A proposito di rischi, non solo finanziari, legati al Covid, come stanno andando le cose da quelle parti?

«Si lavora da casa sin dalla prima ondata di marzo e la situazione è un po’ diversa dall’Italia. Invece di fare lockdown pesanti, qui hanno scelto una strada intermedia, chiamata intelligent lockdown: meno chiusure obbligatorie, si è sempre potuto uscire (anche se in piccolissimi gruppi) ma, come detto, chi può lavorare da casa deve necessariamente farlo. Solo il tempo dirà se è stato intelligente oppure no»

 

Lei è praticamente finito nella tana del lupo: che cosa si prova a fare gli economisti proprio nel paese più severo con l’Italia in fatto di politiche economiche?

(sorride) «Verrebbe da dire così, per quel che è successo dopo l’esplosione del Coronavirus. Sono Italiano al cento per cento e tengo la parte degli Italiani, ma a mio parere si è trattato per lo più di una ricerca di consenso politico interno da parte del Primo ministro olandese. Il muro che ha alzato davanti alle richieste dei paesi all’epoca più colpiti dal virus io me lo spiego in questo modo: tant’è che il consenso gli è puntualmente arrivato»

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