Paolo Tosi, ex pneumologo al Ramazzini

Un virus sconosciuto, un fenomeno nuovo ma la reazione è buona

Settantuno anni, in pensione da sei, il dottor Paolo Tosi, specialista in pneumologia e malattie cardiorespiratorie, ha lavorato 28 anni, dal 1974 al 2002, al Ramazzini di Carpi e dodici al Santa Maria Bianca di Mirandola. Gli abbiamo chiesto che cosa pensi, data la sua esperienza nel campo specifico, di questa particolare emergenza sanitaria che parte proprio dalle vie respiratorie: «La prima reazione – risponde – è stata di sorpresa. Non si capisce bene quali siano le prospettive di evoluzione della propagazione, quanto durerà il contagio e se si replicherà. Sono davvero sconcertato: siamo di fronte a un fenomeno totalmente nuovo».

Possiamo dire che è pessimista, dottore?

«No, semplicemente realista, come realisti dobbiamo essere tutti. E colgo comunque anche notizie confortanti, come l’utilizzo positivo, in funzione di contrasto, del farmaco antiartritico o la combinazione di un farmaco antimalarico con un antibiotico».

Come giudica la reazione del nostro sistema sanitario?

«Da quel che vedo si è trattato di una reazione efficace, tutti si sono dati lodevolmente da fare, anche inventando cose nuove, come il respiratore per due pazienti. Guardi che questa è una trovata eccezionale, davvero degna del genio italico che viene sempre fuori in circostanze drammatiche come l’attuale. Sono tutti effettivamente bravi, a parte i risvolti numerici»

In che senso?

«Ora si stanno moltiplicando, ma i 5 mila posti iniziali di terapia intensiva erano veramente pochi, la prova che un sistema sanitario eccellente è stato ridotto ai minimi termini dai continui tagli apportati alla spesa per la salute»

Da specialista in malattie polmonari, se la sente di fare qualche raffronto storico?

«Le varie epidemie che si sono susseguite nella storia non sono mai confrontabili: diverse le persone e diverse le circostanze. Il mondo attuale, interconnesso com’è, non è assimilabile a quello di un tempo per la facilità di diffusione del contagio» Le è stato chiesto di rientrare in servizio? «Si, ma più che un medico pronto a ritornare in azione, mi sono sentito un aspirante malato. Per cui ho dovuto desistere».

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