Prima delle misure, il racconto di due carpigiani che vivono a Londra e Boston

Usa e Uk, dove il business conta più del contagio

Dal 2018 a Londra, dove lavora come analista  finanziario alla banca Ubs, nel cuore della  City, Federico Lugli, 27 anni, prima che venissero  assunte alcune misure di quarantena  per gli anziani e partisse qualche invito in più  alle precauzioni: «Qui si vive in una situazione  paradossale. Sembra che per la diffusione del  virus siamo indietro di due o tre settimane rispetto  all’Italia, ma l’impressione è che non si  prendano sul serio i segnali che vengono dagli  altri paesi. Business as usual, affari come al  solito è la parola d’ordine: solo a chi ha volato  da o via Italia e arriva con la febbre vengono  imposte le due settimane di isolamento. Per il  resto l’approccio è molto più tranquillo. Certo,  dopo i primi contagi (1.372 casi al 16 marzo,  con 35 decessi, ndr) per i giornali è il tema del  giorno, ma bar e ristoranti sono aperti, compresi  quelli italiani, l’unico accaparramento  che mi risulti è quello... della carta igienica,  che non si trova più, e la psicosi non c’è per  niente. Al massimo consigliano di rivolgersi  al proprio medico di base e di ascoltare i suoi  consigli. Dai piani alti trapela una serenità  che fa quasi pensare che stiano prendendo  la questione molto sottogamba, soprattutto  per le conseguenze che potrebbero esserci in  una megalopoli come Londra, con milioni di  persone che viaggiano in metropolitana ogni  giorno; e pensando che in tutto il Regno Unito  i respiratori disponibili sono solo mille, 300  dei quali già occupati. Mi sembra più consapevole  la nostra direzione aziendale che ci ha  divisi in due turni di lavoro per evitare affollamenti  negli uffici e sta incentivando lo smart  working. Il che mi agevola molto, se si considera  che per recarmi al lavoro debbo farmi ogni  giorno mezz’ora di metropolitana».  C’è un mondo, quello anglosassone  dislocato sull’asse Regno Unito-Stati Uniti  che di questi tempi, almeno a livello di  autorità governative, sembra sfidare il  senso comune internazionale, e anche  molta parte dell’opinione pubblica interna,  sulle misure anti contagio. Ne abbiamo  parlato con due carpigiani che vivono  uno a Londra e l’altro appena rientrato da  Boston.  

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