La parola a loro, ai ragazzi di una generazione senza scuola

La testimonianza di sei studenti di secondaria di secondo grado. Su come stanno vivendo la didattica a distanza, su quello che dà e su quello che toglie. Ma anche sulla perdita di socialità e, all'opposto, sul recupero del proprio Io

In Italia, la pandemia da Covid19 ancora in corso ha stravolto, su larga scala o nelle più basilari attività quotidiane, l’intera popolazione. Non c’è fascia d’età che non ne sia rimasta intaccata, ma forse c’è una generazione che è stata più colpita delle altre: non tanto sotto il profilo delle vittime – purtroppo, gli anziani e i malati, da questo punto di vista, hanno pagato il prezzo più alto – ma per quanto riguarda l’impatto sulle abitudini, sulle azioni, sulla socialità. Si tratta di quella moltitudine di giovani che escono dalle scuole medie, si iscrivono alle superiori, e poi guardano verso l’università o verso un lavoro: anche secondo Save The Children gli adolescenti sono tra i più colpiti dalla pandemia. Sul proprio sito internet, la Ong riporta alcuni dati dall’indagine “I giovani ai tempi del Coronavirus”, condotta da IPSOS: il primo dato riguarda il rischio di abbandono scolastico, dato che “...il 28 per cento degli intervistati afferma che dal lockdown di primavera c’è almeno un proprio compagno di classe che ha smesso completamente di frequentare le lezioni”. Inoltre, “...il 35 per cento ritiene che la propria preparazione scolastica sia peggiorata. Uno su 4 deve recuperare diverse materie. Per il 38 per cento degli adolescenti la didattica a distanza è un’esperienza negativa”, nella quale i principali problemi sono la difficoltà a concentrarsi davanti a lezioni online e la scarsa connessione a internet propria o dei professori. A scuola, inoltre, non si va solo per imparare nozioni e competenze: parte essenziale dell’ingranaggio è la socialità, l’imparare a convivere con persone diverse da sé, che siano pari (gli altri alunni), o superiori (i docenti). La voglia dei ragazzi che frequentano le superiori di ritornare tra i banchi è dimostrata anche dalle proteste – di cui giornali e notiziari hanno molto parlato – di studenti, genitori e insegnanti per il posticipo del rientro in presenza al 50 per cento, spostato, a soli due giorni dalla fine delle vacanze natalizie, dal 7 all’11 gennaio. Ad alcuni, lo slittamento di soli tre giorni è parso una presa in giro, che apre la strada ad un rientro ancor più posticipato. In Emilia Romagna, il ritorno in presenza alle superiori è stato poi rinviato a fine mese. In generale, su tutto ciò che riguarda questo periodo difficile, si sente, però, sempre di più la voce degli adulti, mai o quasi mai dei ragazzi. È dunque interessante intervistare studentesse e studenti dell’ultimo anno di superiori, così da vedere la situazione con gli occhi di chi ha cognizione di un prima e di un dopo rispetto al lockdown e alla conseguente didattica a distanza. Sono stati intervistati sei ragazzi, tre femmine e tre maschi. Se si chiede loro come stanno vivendo la DaD, se essa comporta disagi, se qualcosa è cambiato nell’apprendimento e nel rapporto con gli insegnanti e i compagni, vengono fuori alcune considerazioni interessanti.

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