Un dossier svela come l'hanno infilato nei fondi per il sisma
I politici per il Policlinico
Piano da 75 milioni voluto da Lusenti, Pighi, Sabattini e Direttrice. Il sisma? Una scusa per rifarlo. A scapito di chi i danni li ha avuti davvero: l'Area Nord
di Florio Magnanini
Carpi – La data è ottobre 2013. Gli autori, i dirigenti e i funzionari della Direzione generale sanità e politiche sociali dell'Agenzia sanitaria e sociale regionale. L'editore, l'Assessorato alle Politiche per la salute della Regione Emilia Romagna. Il titolo “Il Servizio sanitario regionale dell'Emilia Romagna”. In settanta pagine offre uno spaccato aggiornatissimo sull'organizzazione, le attività, le strutture e la spesa del Servizio, fotografati al 31 dicembre 2012. E' una miniera di notizie e dati per chi voglia conoscere nei minimi dettagli come funzionano sanità e assistenza sociale in regione.
Di particolare interesse, per Carpi e l'area nord del territorio sanitario modenese, però, sono soprattutto le ultime pagine, quelle che contengono il dossier “Dopo il terremoto del maggio 2012”. Perché è da qui, dalle cifre e dai ragionamenti che vi sono riassunti, confrontati con quelli che in questi mesi hanno riempito le pagine dei giornali, che si capisce quale profonda ingiustizia si stia consumando nei confronti del Ramazzini e delle strutture sanitarie della Bassa con i fondi del terremoto. Il grande imputato è il Policlicnico, o meglio, chi ha deciso – e qui si parla delle istituzioni sanitarie modenesi, di Comune e Provincia di Modena e della Regione – di fare del terremoto l'occasione per recuperare una struttura che obsoleta lo era già da prima del sisma. E che ora incombe sul programma dei lavori deliberato dalla Giunta regionale nel settembre scorso con tutto il peso dei suoi 53 milioni, che sono quel che resta da un fabbisogno monstre di quasi 75 milioni, accorciato dei 5 della dotazione economica dell'Azienda ospedaliero universitaria e dei 14 provenienti dai fondi europei di solidarietà.
Qual è dunque il “ragionamento” in base al quale il documento della Regione fa rientrare il Policlinico di Modena fra le strutture ospedaliere da recuperare per i danni subiti dal terremoto, insieme al Ramazzini di Carpi e al Santa Maria Bianca di Mirandola che danneggiati lo sono davvero? Vediamo, perché si scoprono cose interessanti.
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Il ragionamento si trova a pagina 55 del documento, in un paragrafo dal titolo significativo: “Azienda Ospedaliero Universitaria di Modena: al Policlinico lievi danni, evacuati per precauzione i piani dal sesto all'ottavo”. Vi si dice che mentre le scosse del 20 maggio “…hanno provocato danni lievi, concentrati soprattutto in corrispondenza dei giunti strutturali (…) dopo i sopralluoghi dei tecnici non si era ravvisata alcuna necessità di evacuare aree o effettuare spostamenti dei reparti del Policlicnico”. La situazione cambia però radicalmente con il terremoto del 29 maggio, c'è scritto nel documento. Ma si parla più che altro di “preoccupazione”, di “panico accompagnato dal timore che le scosse potessero ripetersi”. Da qui la decisione di evacuare “in via precauzionale” tutte le attività tra il sesto e l'ottavo piano: Cardiologia e Ginecologia, dall'ottavo; Pediatria, Chirurgia pediatrica, Oncoematologia pediatrica, Neonatologia e Terapia intensiva neonatale dal settimo; Ostetricia e Sala parto con le sale travaglio dal sesto. Attuate le diverse sistemazioni provvisorie, che cosa fa la Direzione del Policlinico? Mette al lavoro il Comitato antisismico regionale per valutare quattro cose: i danni subiti; le condizioni di staticità complessiva di una struttura che ha ormai 50 anni; la possibilità di utilizzare il complesso ospedaliero e la congruità dei progetti di consolidamento.
Nel novembre 2012 il Comitato emette il proprio verdetto: nessun limite all'uso della struttura, ci sono solo alcuni lavori di consolidamento già in progetto, da completare al più presto per il corpo centrale e nel giro di due anni per quelli periferici. Sono le risposte che stanno alla base di “un piano complessivo degli interventi da realizzare nel medio-lungo periodo” e che comprende “interventi di ripristino, consolidamenti, demolizione e costruzione di aree completamente nuove, in particolare per ospitare il Dipartimento materno-infantile”. Quest'ultimo è l'aspetto più controverso: una struttura nuova per ospitare un reparto rifatto appena quattro o cinque anni prima (vedi articolo a lato)? E solo perché, trovandosi lassù in alto, fa paura? Al momento, comunque, nulla fa pensare a investimenti giganteschi: la struttura, passato panico e preoccupazione, è pienamente riutilizzabile. Su questa linea si avviano alcuni lavori dell'importo di 2,6 milioni di euro, per cui, sempre in quel novembre 2012, i reparti possono rientrare gradualmente. Gli effetti del terremoto, dunque, per il Policlinico parrebbero finiti qui.
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Che cosa accade, però? Lasciamo parlare il documento: “Mentre il Comitato tecnico scientifico completava la sua valutazione (si presume verso la fine di novembre 2012, ndr), il vertice del Policlinico, d'intesa con la Regione, ha messo a punto un progetto che, partendo dal sisma, punta a una riqualificazione complessiva dell'ospedale”. Il piano viene presentato a tutti gli interlocutori – Università, Comune e Provincia di Modena – e contempla “sia i lavori di puro ripristino sia quelli necessari per dare un nuovo assetto all'ospedale”. Direttive come queste – partire cioè dal sisma per rifare l'intero ospedale – non nascono per caso.
Ci si mette di mezzo la politica e, nel caso specifico, la falange macedone costituita da Università, Regione, Comune e Provincia. Il Policlinico s'ha da rifare, insomma: anche se a due passi c'è Baggiovara. Modena lo vuole e chi se ne importa del Ramazzini, non solo danneggiato molto di più, ma anche indicato dal Pal come polo strategico dell'area nord e, si presume, anche come struttura su cui investire per un suo profondo rinnovo.
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La famosa equazione “terremoto uguale opportunità di rilancio” che è ritornata spesso nei discorsi dopo le scosse vale evidentemente solo per il Policlicnico. Per l'ospedale di Carpi, invece, ci sono solo gli 11 milioni del ripristino, peraltro provenienti da donazioni per un buon 20 per cento. E non c'è nulla che faccia riferimento agli investimenti previsti dal Pal del 2011, nell'ordine dei 31 milioni di euro. Neanche per rifare gli ascensori che sono rimasti quelli claustrofobici di sempre. In compenso, un bel preventivo da 1,2 milioni per rifare gli ascensori del Policlinico ci sta, dentro il piano gigantesco da quasi 75 milioni che Università, Comune e Provincia di Modena e Regione hanno deciso di destinare a consolidamenti, demolizioni, rifacimento delle facciate e nuove costruzioni come il reparto materno infantile che da solo ne costa 30.
Tutto probabilmente necessario: ma non certo dal maggio 2012 e non facendolo dipendere dai contributi per il sisma e a scapito dell'Area Nord. A deprimere poi ancora di più la condizione dell'ospedale di Carpi, nel documento si legge che “…il numero di posti letto non è ancora definito”, ma “…sarà inferiore a quello precedente”. Resta anche da definire “l'investimento complessivo che verrà fatto nel territorio del Distretto”. Le cifre del Policlicnico, dunque, sono chiare e nette, almeno quanto nebulose appaiono quelle che riguardano il futuro del Ramazzini e del Distretto.
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La consacrazione del piano si ha nei primi mesi del 2013. Che cosa succede? Che i Quattro cavalieri dell'Apocalisse sanitaria (per l'Area Nord, s'intende) e cioè l'Azienda Universitaria Ospedaliera nelle vesti della Direttrice, Licia Petropulacos, la Regione Emilia Romagna con l'assessore Carlo Lusenti e la direttrice dell'Ausl, Mariella Martini, il Comune di Modena con il sindaco Giorgio Pighi e la Provincia, con il presidente Emilio Sabattini, si presentano alla stampa all'indomani della Conferenza territoriale e sanitaria della provincia per dare il grande annuncio: dalla Regione e con fondi europei arriveranno 129 milioni per la sanità modenese, fra i quasi 75 del Policlinico e i 54 per il resto della provincia. “Policlinico: ecco 75 milioni per ricostruire l'ospedale”, titola trionfante la Gazzetta del 9 febbraio 2013. Ma è nelle dichiarazioni che si coglie il senso più profondo del progetto: “…Non era affatto scontato – dichiara infatti Sabattini – che al Policlinico, ospedale che non si trova nel cratere del sisma, arrivassero tali risorse” (Prima Pagina, 9 febbraio 2013). Il che, da parte del Presidente della Provincia, suona come l'esplicita ammissione di una forzatura tutta politica. E la direttrice Petropulacos, più ingenuamente: “Forse faremo in modo che il terremoto diventi un'opportunità per il futuro” (Carlino, 9 febbraio 2013). Ma quale “forse”: il trucco (con il sisma mi rifaccio l'ospedale nuovo) è lì, sotto gli occhi di tutti.
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A rafforzare poi il disegno, accade qualche cos'altro. Siamo al 24 aprile 2013: nell'area del Policlicnico crolla una palazzina abbandonata da almeno tre anni e di proprietà dell'Ausl. Il terremoto c'entra nulla: le scosse l'avranno indebolita, ma le mancate manutenzioni hanno fatto il resto. Su quell'episodio, tuttavia, la direttrice Petropulacos, sul dossier della Regione, costruisce una bella teoria che si può leggere alla pagina 56: “Il crollo, avvenuto il 24 aprile 2013, della palazzina che fa parte fisicamente dell'ospedale, ma da sempre in gestione all'Azienda Usl che stava eseguendo al suo interno lavori di ristrutturazione, impone oggi una riconsiderazione del percorso che si era individuato, anche per rispettare doverosamente la preoccupazione che si è tornata a diffondere negli operatori, già colpiti dai fatti dello scorso anno”. In che cosa consista la “riconsiderazione” di Petropulacos non è ben chiaro. Si può solo fare un'ipotesi. Poche righe più su, il già citato dossier terremoto spiega come verranno reperiti i quasi 75 milioni per il Policlinico. Si parla dei 5 in dotazione all'Azienda Universitaria Ospedaliera e dei 14 arrivati dal fondo europeo di solidarietà. Ne restano poco meno di 54. E dove si troveranno questi soldi? “I restanti finanziamenti – viene spiegato – dovranno essere reperiti attraverso il Programma di ricostruzione delle opere pubbliche previsto dalla legge regionale 16/2012”. Quel programma, aggiornato l'ultima volta il 30 settembre scorso dalla Giunta regionale, elenca interventi sulla sanità per l'intera area terremotata – anche Ferrara, Bologna e Reggio, dunque – nell'ordine dei 141 milioni. Che la “riconsiderazione” della Direttrice vada letta come una pretesa di urgenza e priorità, per il Policlinico, così duramente provato e “preoccupato” dal sisma, dopo che c'è stato perfino il crollo della palazzina?
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In conclusione: l'attenzione di amministratori e media, a Carpi, è stata sempre calamitata dal depauperamento delle discipline e delle specialità subito dal Ramazzini a vantaggio di Baggiovara, trattandosi dell'aspetto che più sta a cuore all'opinione pubblica. E' un po' sfuggito, così, il motivo per il quale l'ospedale di Carpi non ha potuto cogliere l'occasione del ripristino, per essere ristrutturato come previsto dal Pal. Quel motivo sta tutto nel progetto del Policlinico e nelle ragioni molto più politiche che sismiche che lo hanno dettato, a costo di addensare nel capoluogo due megastrutture a pochi chilometri di distanza l'una dall'altra. L'opportunità, la scusa, anzi, del terremoto, l'hanno colta, eccome. Basterebbe un'occhiata agli ascensori.
Bellelli risponde a Depietri
Lo stato dell'epidurale
Carpi – Oscurata dal fluviale dibattito sul campo nomadi, è passata un poco inosservata l'interrogazione di Daniela Depietri (Pd, nella foto) e la risposta della Direttrice generale dell'Ausl, Mariella Martini, via assessore Alberto Bellelli, su come stiano le cose, al Ramazzini, in fatto di parti indolori. Se cioè esistano dati sulle epidurali effettuate, sulla loro incidenza percentuale sui cesarei e sui parti naturali, se non sia stata data risposta a richieste, e se sì, in quanti casi e per quali ragioni, e se infine si faccia sufficiente informazione. Alla base dei quesiti c'era la fondata sensazione dell'interrogante che il parto analgesico stenti a trovare spazio nella struttura e che in più di un caso le richieste non siano state accolte. Sull'informazione la Direttrice generale dell'Ausl ha ricordato tutte le iniziative attivate per far conoscere alle donne in stato di gravidanze le problematiche legate al dolore nel parto e le diverse possibilità per il suo contenimento. Nella lettera Martini ricorda anche come la presenza agli incontri di informazione sull'analgesia in generale e sull'epidurale in particolare sia considerata vincolante per entrare nel percorso del parto senza dolore, facendo presente come il motivo principale delle richieste inevase stia nella rinuncia da parte delle stesse donne che, al momento del parto, non ne hanno magari ravvisata la necessità. Parrebbe perfino che la maggior parte delle partorienti chiedano di tenersi la possibilità del parto analgesico come una forma di rassicurazione, decidendo solo durante il travaglio se usarla o meno. Stando ai dati forniti dalla Direttrice, la parto analgesia durante il travaglio nel 2013 sarebbe stata effettuata in 34 casi, con due casi in cui non è stata possibile, su 174 donne – alcune delle quali ancora in gravidanza – che si sono sottoposte alla visita anestesiologica.
Non è parsa molto soddisfatta delle risposte, la consigliera Depietri, che si è detta a conoscenza di casi di epidurale richiesta e non accordata.
Ma sì: rifacciamo il Materno Infantile
Carpi – Il principale investimento sul Policlinico all'interno dei quasi 75 milioni di euro previsti riguarda, come si dice nell'articolo qui a fianco, la nuova costruzione del Materno Infantile: 11 mila metri quadrati per 30 milioni di spesa. Ebbene, l'attuale reparto – che si vorrebbe abbandonare per “preoccupazione”, come sostiene il Dossier della Regione citato nell'inchiesta – era già stato interessato nel 2008 da lavori per consolidamento antisismico sui locali del sesto piano che ospitano Ostetricia e Ginecologia con sale parto, travaglio, Pronto soccorso ostetrico e nido. Sempre lì, poi, fra il 2007 e il 2010 era stata ristrutturata la Terapia intensiva neonatale dotandola nell'ottobre 2007 di una innovativa “area genitori” destinata a permettere loro di restare il più a lungo possibile con il neonato bisognoso di cure dopo il parto e realizzata con il contributo della famiglia Pavarotti. Ancora: nel 2007 è stato inaugurato il Pronto soccorso pediatrico con annessi letti di osservazione.
Il costo di questi interventi non è mai stato ufficializzato, ma non è azzardato valutarlo nell'ordine di diversi milioni di euro, visto che per il solo 2007 il Bilancio di missione parla di una spesa di 1,5 milioni. Di fronte a tutte queste spese, piuttosto ingenti, e all'ammissione (lo dice sempre il Dossier della Regione) che i piani del Materno Infantile sono stati evacuati solo in via precauzionale, non avendo subito danni; e di fronte all'affermazione del Comitato tecnico scientifico regionale per l'antisismica che non c'è limite all'uso della struttura del Policlinico: allora viene da chiedersi se sia legittimo individuare quel dipartimento come priorità assoluta, destinando solo briciole all'Ospedale di Carpi.