Ideata da Davide Casarini, agricoltore a Limidi

La scomparsa delle api? La campagna ''Adotta un'arnia'' come rimedio

Il mondo scientifico ha lanciato un allarme: negli ultimi anni abbiamo perso quasi il 50 per cento degli insetti impollinatori, primi tra tutti le api che donano al mondo la vita, impollinando circa il 70 per cento di tutte le piante esistenti. Senza di loro due piatti su tre potrebbero sparire dalle nostre tavole. Tra i principali responsabili del crollo del numero di questi insetti, alcune sostanze usate in agricoltura e i cambiamenti climatici. È anche per salvaguardare il loro futuro che Davide Casarini, titolare dell’azienda agricola biologica S. Antonio Abate di Limidi, ha dato vita al progetto “Adotta un’arnia”, grazie al quale versando una piccola cifra si sostiene l’attività apistica, fondamentale per l’eco- sistema, ottenendo in cambio una fornitura di miele. Casarini ha iniziato nel 2015 con due cassette di api: oggi sono 40. 

Quali sono i fattori di indebolimento per le api? 

«I cambiamenti climatici sono uno dei tanti, soprattutto quelli molto bruschi e fuori stagione che le scombussolano, come è accaduto lo scorso maggio, un mese disastroso, piovoso e freddo per la media del mese. Con i primi caldi, in marzo, le api aveva- no iniziato a sciamare tanto, moltiplicandosi, poi il freddo le ha bloccate. Poi ci sono le intossicazioni o gli avvelenamenti causati da sostanze utilizzate in agricoltura. Tutto ciò crea problemi a tutto il meccanismo dell’alveare che, conseguentemente, porta a un calo di capacità di aggregazione, di comunicazione tra le api che così faticano a rispondere a sollecitazioni ambientali, bruschi cambiamenti, temperature alte, umidità invernale. L’alveare è un organismo, non è la singola ape che conta. Una apis, nulla apis, dicevano i latini. Purtroppo oggi l’Italia produce a malapena il 50 per cento del miele che consuma, il resto lo importa dall’estero» 

E il caldo, nello specifico? 

«Diciotto gradi sono un po’ troppi. Questo periodo altalenante le scombina un po’, però tutto sommato è ancora sopportabile. Da fine gennaio le regine iniziano a produrre qualche uovo che poi deve essere protetto: per far questo devono avere scorte alimentari sufficienti. Le giovani larve devono essere accudite, ma se c’è un brusco ritorno di freddo e le giovani api non possono uscire per portare nettare nell’alveare e produrre il miele necessario all’alimentazione delle uova, si innesca una situazione di crisi. È pericoloso quando i rovesci continuativi o il freddo si verificano in piena primavera, quando solitamente le colonie sono in crescita. In quel caso sono più le api che muoiono che quelle che nascono» 

Come nasce Adotta un’arnia? 

«Nasce in collaborazione con la cooperativa sociale Eortè, con il Gas (Gruppo acquisto solidale) e l’Associazione La Festa: per tutti è un modo per promuovere un’agricoltura amica della biodiversità che cerca, con i suoi limiti, di fare un servizio alla comunità e salvaguardare il territorio. Il progetto nasce per diversi motivi. Il primo è pratico: ogni anno in questo periodo si comincia a recuperare il materiale per affrontare la nuova stagione. Sono spese anticipate rispetto alla produzione del miele, che è sempre incerta. Bisogna, inoltre, affrontare i costi per la semina delle piante e dei fiori e la gestione dell’ambiente in cui si trovano le api. Pensiamo poi di cominciare a utilizzare arnie top bar, più costose ma capaci di sposarsi con un’apicoltura attenta alla biodiversità e di basarsi sulla costruzione del favo naturale, una forma più attenta al benessere delle api, più naturale, che può migliorare la comunicazione tra di loro, recuperando le potenzialità che possono adoperare in caso di difficoltà ambientali. Adotta un’arnia è anche un sostegno a un’agricoltura, biologica e attenta al sociale, quasi eroica perché a volte si fa veramente fatica. Sono però convinto di fare un’attività che è una salvaguardia del bene comune, quello del Creato». 

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