Bando per il Caffè del Teatro: dove e come il déhors?

E' stato pubblicato l'avviso del bando per la concessione del Caffè del Teatro. E oltre a quel che già era stato preannunciato – durata della concessione di 12 anni, canone di 2 mila euro per il primo anno, e per i successivi quello offerto dall'aggiudicatario in aumento sulla base d'asta di 17 mila euro, servizio al pubblico del teatro – lascia intravedere le intenzioni del Comune di Carpi circa il futuro déhors, indispensabile a un esercizio che su 104 metri complessivi di superficie deve concentrare bar, saletta ristorante, cucina, bagni, antibagni e ripostiglio. Nell'articolo della concessione dedicato appunto all'area esterna, il Comune di fatto si chiama fuori. Nel senso che, viene precisato, l'area esterna verrà concessa con provvedimento di concessione temporanea di occupazione di suolo pubblico e dovrà sottostare alle norme previste nel Regolamento dei déhors. Ma il progetto del déhors compete al concessionario, dovrà essere autorizzato dalla Soprintendenza in quanto ricade in area di interesse culturale ed è tenuto a recepire tutte le eventuali prescrizioni imposte dal Comune. Trattandosi di arredo e struttura temporanea, è normale che, al pari degli arredi e delle finiture interne, sia il futuro gestore a dover provvedere (continua a leggere).

Ma questo è un caso particolare: il déhors per il Caffè del Teatro è indispensabile per rendere conveniente la gestione; ha una cucina di dimensioni tali da dettare un limitato numero di coperti esterni; e sorge, infine, in un edificio tutelato. Tutti motivi, questi, che avrebbero consigliato una progettazione diretta del Comune e una definizione più precisa, da mettere in convenzione, del dove (nello spazio prospiciente? su quello laterale?) e del come realizzare la struttura esterna, piuttosto che lasciarla in capo al gestore. Il quale, è prevedibile, dovrà sobbarcarsi un progetto prevedibilmente soggetto a un lungo percorso autorizzativo tra Soprintendenza e uffici comunali, per cercare una mediazione tra interesse privato e impatto pubblico. Un progetto chiaro e definito eseguito dal Comune, autorizzato dalla Soprintendenza e inserito in convenzione avrebbe invece chiarito da subito e senza sorprese successive per il gestore che cosa il futuro titolare potrà fare sull'area esterna e quanto si concilierà con la sua convenienza. Il rischio, per come è formulato l'avviso e a parte le lungaggini che si profilano, è che si creino quelle zone di ambiguità e di diritti acquisiti di fatto che furono all'origine di lunghi contenziosi tra l'Amministrazione e l'ultima gestione.