Che fare degli immobili di tante parrocchie destinate a sparire? Un articolo di Don Truzzi per il blog ''Scintilla''

Cade come un sasso nello stagno ferragostano un articolo di don Carlo Truzzi sul blog Scintilla Carpi sul patrimonio immobiliare delle parrocchie in via di sparizione. Creato da un gruppo di intellettuali e liberi pensatori cattolici, il blog ospita spesso pareri lungimiranti su temi (per esempio la questione della effettiva integrazione dei sacerdoti stranieri) che riguardano sì la Diocesi di Carpi, ma che interessano l'intera Chiesa italiana. Sotto il titolo "Delle parrocchie e altri Enti”, l'articolo di don Truzzi, illustrato non a caso dalla foto di una chiesetta abbandonata, affronta una questione, dalle larghe implicazioni certo ecclesiali, ma con importanti ricadute immobiliari. Proprio così: con il declino della pratica religiosa e del senso di comunità che teneva insieme un tempo le parrocchie, si prospetta un problema di gestione dei tanti immobili di loro pertinenza. L'autore del servizio ricorda al riguardo che vent'anni orsono il vescovo Tinti gli chiese quante delle 37 parrocchie della Diocesi meritassero in realtà di essere ritenute tali avendo conservato la capacità di aggregazione – in particolare verso i bambini e i giovani – che le rendeva davvero comunità. Don Truzzi rispose quindici, ma oggi, sottolinea lui stesso, risponderebbe che in tutta la Diocesi potrebbero essere al massimo cinque o sei. segue

 

I parroci, che un tempo nei locali della parrocchia ospitavano i genitori, oggi non vi abitano più. Nessuna ha più un sagrestano alle proprie dipendenze. I locali adibiti alle attività di bambini e ragazzi si sono svuotati. In compenso, canoniche ed edifici annessi ereditati dai tempi migliori sono ancora lì, in parte vecchie e obsolete e in parte rinnovate con una ricostruzione post sisma che è andata anche oltre il reale fabbisogno. In entrambi i casi, comportano costi di gestione che le parrocchie non sono in grado di affrontare. Che cosa farne, dunque? si chiede don Truzzi. Servono idee e progetti, scrive: si possono vendere; oppure riciclare a uso civile, come nel caso, citato dal sacerdote, di una parrocchia la cui canonica, una volta restaurata, è stata destinata a servizi sociali (pare di intuire che si tratta di mini appartamenti a canone contenuto), tenendo solo una parte dei locali per i servizi di comunità.

 

 

L'articolo, molto chiaro e che nulla concede alle nostalgie e ai rimpianti, ma guarda con realismo allo stato delle cose, cade in un momento particolarmente delicato, sotto questo profilo. La Diocesi ha una quantità di piccole parrocchie che ricadono perfettamente nei connotati tracciati da don Truzzi e per le quali si impone un ripensamento. Molte di esse già sono servite da un solo sacerdote e altre sono sicure che il parroco che le segue attualmente sarà l'ultimo. A Carpi, per esempio, quante delle diciotto parrocchie attuali potranno in futuro funzionare come tali mentre già ora Quartirolo, Santa Croce, Cibeno, San Giuseppe Artigiano, Cortile e la Corpus Domini appaiono delle belle eccezioni, rispetto al panorama che si sta profilando? Quel che l'articolo promette, ma non mantiene, è lo sviluppo del tema “altri Enti”, toccato solo nel titolo. Perché a ben guardare, la stessa Curia vescovile si trova a dover affrontare in prima persona lo stesso problema, se solo si pensa alla chiesa di San Francesco o ancora al Seminario di corso Fanti con annessa residenza per anziani, per non parlare dell'area di via Peruzzi concessa in comodato d'uso alla Cooperativa Nazareno e sulla quale solo la concessionaria potrebbe pensare a un rinnovo radicale di immobili che datano ormai più di mezzo secolo.