Mascherine Ffp1 lavabili certificate. Ora punta alle Ffp2, produce gel e camici

Un caso di riconversione riuscita: Brunella Gori

«Siamo tra le poche aziende in Italia ad aver  ottenuto la conformità ISO e la marcatura CE per la  produzione delle nostre mascherine chirurgiche pluriuso  ». Lo afferma Enrico Nadalini, responsabile di  produzione dello storico maglificio carpigiano Brunella  Gori, l’azienda di famiglia che gestisce insieme  al fratello Francesco (al timone dello stile e del commerciale)  e della madre, la titolare nonché fondatrice  Brunella Gori. Il maglificio ha riconvertito parte  della produzione nella realizzazione dei dispositivi  medici di classe I – vale a dire le mascherine filtranti  facciali per la protezione individuale (Ffp1) – con  tessuto lavabile a 60 gradi e quindi riutilizzabili fino  a 10 volte. Il vantaggio, rispetto alle classiche chirurgiche  monouso, è la possibilità di usarle più volte con  un evidente risparmio in termini di costi e di sostenibilità  ambientale.  «La nostra avventura è cominciata il 25 marzo,  quando le misure per il contenimento del Coronavirus  ci hanno costretti a sospendere la nostra attività  – racconta Nadalini –. Su consiglio dell’avvocato  Marianna Coletta, il nostro legale di fiducia, abbiamo  pensato di avvalerci della possibilità di produrre  le mascherine in deroga, come prevede il decreto.  Mi sono chiuso dentro l’azienda per quattro giorni  e quattro notti per cercare i materiali giusti, ho assemblato  i vari prototipi, mi sono confrontato con  i miei tecnici e li abbiamo mandati al tecnopolo di  Mirandola per una valutazione. I risultati sono stati  più che soddisfacenti – aggiunge –: con una capacità  filtrante del 96 per cento (il minimo per i dispositivi  medici è del 95 per cento), abbiamo deciso di  perseguire la strada della riconversione e abbiamo  avviato le pratiche con il Ministero della Salute. Così  abbiamo acquisito il codice Ateco, la conformità ISO  e la marcatura CE che ci permetteranno di proseguire  la produzione di queste mascherine anche dopo  l’emergenza sanitaria».

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