La Moda si veste di Arte nella grande mostra di Forlì

Quale sarà l’impercettibile punto in cui l’arte della moda si fonde con le arti della pittura, della scultura e della fotografia per raccontare la tumultuosa storia di tre secoli, il Settecento, l’Ottocento ed il Novecento? Solo percorrendo le suggestive sale espositive del Museo Civico San Domenico di Forlì dove è in corso la mostra inaugurata lo scorso 18 marzo “L’arte della moda. L’età dei sogni e delle rivoluzioni. 1789-1968”, sarà possibile dare una risposta a un quesito così intrigante. Diretta da Gianfranco Brunelli e curata da Cristina Acidini, Enrico Colle, Fabiana Giacomotti e Fernando Mazzocchi, questa imponente esposizione è stata ideata dalla Fondazione Cassa Risparmio di Forlì e realizzata grazie con l’allestimento di oltre 300 opere tra quadri, sculture, accessori, abiti d’epoca e contemporanei provenienti da importanti musei internazionali e realizzato da cento artisti e da una cinquantina tra stilisti e couturier. (segue)

Ad accogliere il visitatore dall’alto, nello scenografico spazio museale della ex chiesa di San Giacomo, è un capolavoro del Cinquecento del Tintoretto, Atena e Aracne, a memoria dei famosi tessuti veneziani noti in tutto il mondo per la loro preziosità e che si ritrovano poi realizzati nei capi del Settecento esposti nelle grandi vetrine sottostanti, come fossero in dialogo con i magnifici dipinti appesi alle pareti a rappresentare la frivolezza e l’opulenza di quell’epoca. Ha così inizio il percorso espositivo, suddiviso in 15 sezioni storiche, che prosegue fino alle grandi sale del primo piano che costituirono la biblioteca del Convento di San Domenico, in un viaggio affascinate ed emozionante tra storia ed eccellenza creativa. Saranno uno splendido abito di Christian Dior by John Galliano (1998) accanto al dipinto di William Hamilton (1793), Maria Antonietta quittant la Conciergerie, a raccontare significativamente il cambiamento storico creato dalla rivoluzione francese e a introdurre all’epoca imperiale giustamente rappresenta dal Ritratto a tre quarti di Napoleone in “petit habillement” di re d’Italia di Andrea Appiani (1814) e dall’abito appartenuto a Carolina Bonaparte (1805).

 

Il dialogo tra le arti prosegue tra la Danzatrice con le mani sui fianchi (1812) di Antonio Canova e i capi di alta moda creati da Gianfranco Ferrè (2001-2004) e da Dior by Galliano (2005) che accompagnano alla sezione successiva, quella del Romanticismo, ragione e sentimento seguita da quella dell’Unità d’Italia e la quotidianità dei macchiaioli tra cui spiccano la Ciociara (1881) di Giovanni Fattori e un trittico dei dipinti di Silvestro Lega. Passo dopo passo, continua con queste alternanze il percorso espositivo sino a giungere al Novecento dove, dopo la Belle Èpoque e due guerre mondiali, esplode il periodo del Mady in Italy giungendo all’Informale contemporaneità. Qui ci si imbatte in uno dei famosi e discussi “tagli” di Lucio Fontana, Concetto spaziale. Attese (1959), abbinato alla tuta con stola “Taglio Fontana” di Mila Schon, o all’abito in tessuto non tessuto di cellulosa di The Big Ones For ’68 a lato del quadro Marilyn di Andy Warhol, all’abito da sera di Renato Balestra accanto ai foulard e all’olio su tela Superfice 76 Bis di Giuseppe Capogrossi: e si ha così la certezza di trovarsi di fronte al massimo della rappresentazione di questa incredibile mostra che sarà visitabile fino al prossimo 2 luglio. Ma non finisce qui perché non manca neppure un omaggio alla poesia proprio nell’ultima saletta espositiva con il marmo e bronzo dorato Ebe di Antonio Canova accanto all’abito da sera di Linea alluminio di Germana Marucelli, grande stilista italiana famosa per i suoi “giovedì” culturali, fondatrice e finanziatrice nel 1950 del Premio San Babila dedicato alla poesia, accompagnato da questo scritto di Giuseppe Ungaretti: “Cara Germana, non è difficile capire perché lei ami tanto la poesia delle parole. Sarebbero tanto lievi, tanto aerei, eppure mossi da una gravità tanto risoluta, i modelli di vestiti che lei inventa, per trattenere almeno durante un attimo, la fugacità della grazia, se nello stesso tempo la poesia delle parole non le fosse apparsa, in un baleno, a manifestare l’infinito della poesia, indovinandone il segreto”.